Prescinderò, credetemi, dalla contingenza politica attuale, ma qualche riflessione sul nostro italico carattere facciamola, con serenità e intenti di proficuo cambiamento. “Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso respingerlo?” Sembrerebbe che a parlare sia Giuseppe Conte, ma il brano fa parte di un discorso pronunciato a Stradella nel 1882 da Agostino Depretis: era ufficialmente nato “il Trasformismo”. Questo altro non è che una pratica politica che sostituisce, al confronto aperto maggioranza/opposizione, la cooptazione nella maggioranza di elementi dell’opposizione per finalità esclusivamente utilitaristiche. Dal 1882 son passati 137 anni, ma vediamo i dati attuali. Nella legislatura 2008/2013 i cambi di gruppo parlamentare sono stati 261 coinvolgendo 120 deputati e 60 senatori; dal 2013 al 2018 i cambi di casacca sono stati ben 566 (quasi il 30% dell’aula) cioè 1 eletto su tre. Tutto ciò è possibile grazie all’articolo 67 della nostra Costituzione che recita: “Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Significa che i parlamentari non hanno obblighi nei confronti dei partiti nelle cui schiere si sono candidati e nessun vincolo giuridico nei confronti degli elettori, ma solo una responsabilità politica; questo per poter svolgere le proprie funzioni senza pressioni o ricatti esterni. E’ un po’ come la “serenità” dei giudici che devono essere liberi dal pensiero di poter pagare per i loro sbagli! Viva la libertà! E la “serenità, ovviamente! Ma vediamo nei fatti cosa succede, specie alla luce dei dati sopra riportati. Ammettiamo che un partito X abbia in programma di andare sulla Luna, ed un partito Y di andare su Marte; si presentano alle elezioni e spiegano il loro programma e presentano i loro candidati, quelle persone, cioè, attraverso le quali si realizzeranno i viaggi sulla Luna o su Marte. Ammettiamo che io voglia andare sulla Luna e voto, perché devo esprimere anche dei nomi, il candidato Tizio appartenente al primo schieramento: io non conosco Tizio, mai visto o ascoltato in vita mia, ma so che, per appartenere al partito X, si batterà per andare sulla Luna. Lo voto e dopo sei mesi o un anno me lo ritrovo nello schieramento Y, cioè di quelli che vogliono andare su Marte e, magari grazie a questo cambiamento, occupa posti di governo che gli consentiranno di andare,…ma su Marte! Alla faccia del mio voto! Io non gli ho fatto alcuna pressione, ma lui mi ha turlupinato, mi ha democraticamente preso per il .ulo! Il tutto è favorito dal sistema elettorale proporzionale, tanto caro alle sinistre e che sicuramente riporteranno in vigore nella sua totalità prima della prossime elezioni, perché, contrariamente al confronto diretto tra due candidati di opposte schiere, come vuole il maggioritario, riesce difficile conoscere meglio i candidati, alcuni dei quali, pur se di loro non possiamo fidarci, verranno eletti nel computo ridistributivo del sistema. Al contrario il candidato singolo per partito di un collegio elettorale può più facilmente essere conosciuto dall’elettore in tutta la sua vita, morte e miracoli, come si suole dire. E soprattutto più facilmente potremmo usare la nostra arma elettorale di scelta o di riprovazione qualora dovesse ripresentarsi ad una successiva tornata. Altrimenti che votiamo a fare? Si fa sempre più incrinato il rapporto tra elettori ed eletto. E, pur senza toccare l’articolo 67 della nostra Costituzione (la più bella del mondo?), che prevede che dieci minoranze diverse, messe assieme con chissà quale collante, costituiscano una maggioranza, e governino assieme, non si potrebbe almeno pensare ad una modifica dei regolamenti parlamentari? Ma forse il sistema disegna ottimamente il nostro italico carattere. “E ho detto tutto!”, come Peppino De Filippo a Totò!
Claudio Gliottone