Nel mezzo di questa psicosi a tratti apocalittica per un ceppo influenzale da Coronaviridae, famiglia cui appartiene il tanto comune virus del raffreddore, presi come siamo dallo svuotare i supermercati di amuchina e le farmacie di inutili mascherine, abbiamo preso troppo di svista la risposta della comunità cinese italiana, additati un mese fa come pericolosissimi untori. Cosa è successo ai figli del dragone nel frattempo? Trattati alla stregua di parassiti e ladri da una destra rampante sempre più estrema da sembrare una copia tragicomica di quelle degli anni ‘30, fino all’indifferenza più totale di una sinistra dell’oltraggio, salottini e aperitivi, che non ritiene l’etnia cinese funzionale alla sua propaganda ormai orfana di idee, i discendenti sino-italiani di quello che fu il più grande impero della storia, la culla di invenzioni che hanno cambiato il mondo e prosperità inimmaginabile, si sono circondati di uno stoico, dignitoso silenzio, chiudendo attività commerciali, ristoranti, supermercati. Il tutto volontariamente, pur non essendo “contagiati” né direttamente responsabili della follia collettiva che attanaglia l’Europa. Avevo appreso della notizia di chiusure spontanee avvenute anche da noi, precisamente di un’attività in un comune limitrofo a Caianello. Io ero solito fare spesa da loro, con tanto di scontrino, in quanto le tasse le pagano anche loro nonostante i luoghi comuni, e mi ha colpito fortemente questa decisione di auto-sospendersi per due settimane, senza che nessuno glielo abbia imposto, ordinato o minacciato di farlo, con tanto di cartello di scuse non dovute a nessuno. Ed è tutta qui la grande differenza tra un popolo silenzioso, lavoratore, che preferisce rispondere con i fatti alle urla, lamentele, indignazione, accuse tristi tra le parti per accaparrarsi visibilità o consensi inutili alla fin fine della fiera, quando saremo chiamati a risponderne tutti ad un Ente Superiore.
Riccardo Luigi Conte