Nello staff redazionale di un giornale, il lavoro dei un “editorialista” è ben più duro di quello di un “cronista”: questi, infatti, si limita ricercare una notizia, a verificarne la veridicità e la esattezza ed a pubblicarla,dopo aver ottemperato alla regola delle anglosassoni cinque W: What (che cosa?), Who (chi?), Where (dove?), When (quando?) e Why (perchè?). L’editorialista, oltre che a fare esattamente quanto fa il cronista, deve cercare di trarre, dall’avvenimento che esamina, una morale politica, economica o sociale, che possa essere quanto più universale e condivisa, esponendo considerazioni e spiegazioni il più possibile realistiche e di facile comprensibilità; ovviamente non tutti gli accadimenti quotidiani, che sono infiniti, si svolgono in maniera tale da seguire o deviare da una morale politica, economica o sociale comune, o verosimilmente comune, e pertanto il lavoro di ricerca e di selezione si fa più duro, restringendosi il campo della oggettività.
Ora può anche accadere, come nel nostro caso, che un editorialista si trovi a lavorare in un contesto ogni giorno più ricco di avvenimenti criticamente esaminabili, addirittura superiori ai puri e semplici “fatti di cronaca”, ed allora il lavoro scorre via veloce.
E qualche recente avvenimento di cronaca, portato dagli stessi protagonisti agli onori di essa, ci riempie il cuore di gioia e ci fa spaziare con la mente nella totalità dell’umanesimo poetico e filosofico più ampio. E questo basta ed avanza dall’esimerci da ogni considerazione riguardanti “persone veramente esistite o fatti veramente accaduti” come si scriveva, anni fa, nei titoli di chiusura di tanti film pseudo-storici.
“Omnia vincit amor et nos cedamus amori” scriveva il “filo governativo” cantore della romanità imperiale Publio Virgilio nella decima egloga delle Bucoliche al verso 69: “tutto vince l’amore, arrendiamoci anche noi all’amore”. Altro cantore filo governativo dell’epoca, ma senz’altro meno “bacchettone” di Virgilio, fu Quinto Orazio Flacco che nel suo “Carmen Seculare” invocava il Sole, auspicando ch’esso potesse non vedere mai nei secoli “nulla più grande di Roma” : “Alme Sol, possis nihil urbe Roma visere maius”. La citazione di Virgilio fu ripresa da Chaucer nei “Racconti di Canterbury” e da Edgar Allan Poe nei suoi “Racconti”; e persino Caravaggio dedicò alla locuzione una bella opera pittorica, ora a Berlino, raffigurante un fanciullo nudo, l’Amore, ai cui piedi, in segno di sconfitta delle arti da parte di quello, giacciono libri, partiture e strumenti musicali. Curiosità: per l’opera posò il servitore “preferito” di Caravaggio: omnia vincit amor, nella sua accezione più ampia.
Potremmo continuare esaminando l’amore secondo le varie scuole filosofiche da Platone ai nostri giorni, ma non ci sembra la sede né l’occasione adatta; l’importante è che il recente episodio di cronaca, al quale accennavo sopra, abbia ineluttabilmente confermato che veramente “omnia vincit amor”.
“Covid 19 etiam”, anche il covid 19, aggiungerei io, lontano anni luce dall’essere un filo governativo.
Claudio Gliottone