Ne “Il Punto” di lunedì scorso illustravamo una generale situazione di degrado della nostra città, ingravescente col passare dei giorni, e riguardante tutti i settori del vivere comunitario, dalla scuola all’approvvigionamento idrico, dalla viabilità alla raccolta dei rifiuti, e notavamo con rammarico come solo il nostro paese, tra i tanti della zona, non solo non sia affatto progredito, ma sia invece socialmente regredito nel corso degli ultimi 30/40 anni. Ci chiedevamo altresì quali potessero esserne i motivi, ma soprattutto chiedevamo ai lettori di aiutarci in questo studio, perché un problema “effetto” lo si può seriamente combattere solo conoscendone a fondo “le cause “ che l’hanno prodotto. Tra le nostre ipotesi, solo accennate, v’era la probabile congenita ed endemica nostra strafottenza sociale. Gli aggettivi usati non indicano la stessa cosa perché la strafottenza nostra, nella fattispecie, è sicuramente congenita, cioè impressa nel nostro DNA e geneticamente trasmissibile, ma è anche endemica, cioè contagiosa per chi, non essendo geneticamente teanese, viene a vivere e si stabilisce in questa città. Il fatto, ovviamente, non ha interessato nessuno (non ne avevamo dubbi) ed ha, altrettanto ovviamente, confermato l’assunto che la strafottenza, si badi bene, verso se stessi, cosa gravissima e forse difficile da comprendere, rientra senz’altro tra le cause del nostro degrado. E tant’è. Solo due signore, peraltro in via privata, mi hanno comunicato il loro punto di vista sull’argomento, e mi piace citarlo, perché lo ritengo probabile, certamente assieme ad altre cause, e proponibile. Ed è il fatto che a Teano, amministrativamente, la politica dei partiti non è più esistita almeno dai primi anni sessanta, quando al partito maggioritario anche sul campo nazionale, si è sostituito un “clan” familiare molto vasto ed addentellato che ha sempre diretto la politica locale, sapendo trasmettere poi le redini ad un secondo “clan” le cui ramificazioni giungono fino ai giorni nostri. Non mi piace fare nomi, sia perché non siamo in campagna elettorale, sia perché ho fiducia nella intelligenza, cosa ben diversa dal senso di libertà e di civismo, dei nostri lettori. Ed allora, quando non è solo un esponente di partito, sul quale nel bene o nel male convergono dei voti, ma è una intera famiglia a governare, cambiano tutte le prospettive: prima di tutto sarà impossibile liberarsi elettoralmente di lui e delle sue vedute, perché esse saranno riproposte da qualche suo nuovo o vecchio familiare, e perché comunque una parte della sua politica sarà rivolta a rafforzare la posizione politica della famiglia; e poi la visione politica sarà sempre più ristretta mancando confronti esterni nell’ambito della propria appartenenza e prevalendo, gioco forza, interessi che saranno comunque rivolti più a rafforzare il clan che a ben governare. Negli ambiti “ristretti” fanno difficoltà ad entrare nuove idee e vedute di più ampio respiro, e pian piano scompare il più elementare rispetto democratico verso “gli altri”. Non a caso i termini “famiglia”, dinastia, clan, stanno ad indicare solitamente gruppi chiusi le cui prospettive difficilmente collimano con quelle del popolo. Una conferma di ciò, e ce ne siamo già occupati, è data dal fatto che la espressione elettorale teanese, in questi ultimi decenni, nelle elezioni nazionali si è sempre distinta da quella delle elezioni comunali, premiando sempre partiti diversi da quello dello establishment locale. Esiste, in pratica, a livello locale, un connubio malefico tra massimo interesse di “clan” e massima strafottenza dei cittadini. Bisogna anche dire che il disinteresse dei cittadini diventa alla fine “un rifugio” spirituale, una tranquillità d’animo per chi non riesce a cambiare le cose, accada quel che accada! Allora sarà quasi impossibile ogni mutamento perché questi due fattori cresceranno insieme: il cittadino vede accrescersi, da un lato il potere del clan, contro il quale non riesce a far nulla, e dall’altro, il disinteresse in espansione di chi vorrebbe che le cose cambiassero, ma ne avverte tutte intere le difficoltà. E allora “vaiiiiiii”: sempre peggio! Non ci resta che piangere: finiremo per …estinguerci!
Claudio Gliottone