RESTA QUALCOSA DI MONS. SPERANDEO?
A questo interrogativo risponde Padre Gianfranco Matarazzo, Provinciale dei Gesuiti, originario di Teano. Lo fa utilizzando una pregevole iniziativa di alcuni fedeli della nostra città i quali, , in coincidenza con il 30° dalla morte dell’amato Presule Guido Matteo Sperandeo (1987-2017) hanno deciso di pubblicare un numero unico di un giornale a lui dedicato. Sarà distribuito gratuitamente con oltre 1000 copie, presso le varie parrocchie della diocesi di Teano e Calvi a partire da domani 8 dicembre 2017.
All’interno troverete articoli del Vescovo Arturo Aiello che ha definito il suo predecessore “Pastore per 30 anni e nostro padre per sempre” segue un profilo spirituale e pastorale del Vescovo Sperandeo a cura dei sacerdoti Don Paolo Martuccelli e don Domenico Monda da Roccamonfina. Ad impreziosire ulteriormente l’opera c’è la pubblicazione integrale di una omelia pronunciata proprio da S.E. Sperandeo per incitare i fedeli a conservare la fede pur dopo la distruzione della nostra Cattedrale durante l’ultima guerra. Apprezzabile risulta la lettura di un ricordo pubblicato da Armando Lauro che definisce l’amato Vescovo “Uomo, padre, pastore” e ancora Antonio Guadagnuolo che lo definisce “il buon seminatore” descritto con ulteriori notizie nell’articolo di Antonio Migliozzi. Il foglio si completa con un articolo di Padre Gianfranco Matarazzo, Provinciale dei Gesuiti originario di Teano dal titolo “Resta qualcosa di Nons, Sperandeo” quasi a voler dare il giusto senso all’iniziativa editoriale.
E’ stato un grande appagamento spirituale aver partecipato a questa iniziativa che sottolinea ancora una volta il grande attaccamento dei fedeli della nostra diocesi verso un pastore per 30 anni e nostro padre per sempre.
RESTA QUALCOSA DI MONS. SPERANDEO?
di Padre Gianfranco Matarazzo
Sì, “Lasciate che i morti seppelliscano i morti” (Matteo 8,22).
Il Vangelo ci dice che c’è un modo di rapportarsi a chi ci ha preceduto, al passato, alla memoria che non ha molto senso e non porta da nessuna parte. Provare a ricordare Mons. Matteo Guido Sperandeo non corre questo rischio? Tra i tanti temi di attualità che intasano un’agenda di una comunità, come quella di Teano, ma lo stesso discorso vale per Calvi Risorta, Vairano, Pignataro Maggiore, Pietramelara, Riardo, Roccamonfina, Sparanise, Mignano Monte Lungo e così di seguito che senso ha ricordare un uomo vissuto tanti anni fa (1908-1987), sconosciuto alle nuove generazioni, ricordato flebilmente da pochi, in uno scenario profondamente mutato?
Ricordo da adolescente un’occasione, non saprei indicare con precisione quale, in cui in cattedrale a Teano si era organizzata un’iniziativa per salutare Mons. Matteo Guido Sperandeo. Dopo diversi anni di presenza (era arrivato il 5 settembre 1954 e sarebbe andato via definitivamente il 17 agosto 1984), si apprestava a lasciare la guida della Diocesi allora chiamata di Calvi e Teano per ritirarsi a vita privata. Il relatore a cui fu affidato il saluto ricorse in quell’occasione a questo gioco di parole: “Mons. Sperandeo parte restando e resta partendo”. La trovai molto efficace e provo a riprenderla.
“Mons. Sperandeo parte restando”: cosa si intendeva dire? Il relatore ha cercato di sottolineare come il Vescovo di allora concludeva il mandato e, quindi, lasciava la Diocesi. Era un punto fermo. Eppure in qualche modo restava: rimaneva con quanto aveva realizzato e testimoniato in così tanti anni di presenza in Diocesi.
Il relatore aggiungeva: “Mons. Sperandeo resta partendo”: anche in questo caso, cosa intendeva dire? Cercava di sottolineare come una parte importante dell’opera e del servizio da lui compiuto continuavano a renderlo presente nella Diocesi (appunto: “resta”), ma, al tempo stesso, realmente partiva e proseguiva il suo cammino altrove, dimostrando di saper riconoscere il tempo per passare le consegne ad altri e così dedicarsi ad altro.
Io credo che questo artificio retorico non solo sia stato efficace a suo tempo per descrivere ciò che Mons. Sperandeo e la comunità si apprestavano a vivere, ma ne dimostra ancora oggi l’attualità.
Che cosa resta di Mons. Sperandeo?
Credo che resti tuttora l’autorevolezza con cui aveva interpretato il ruolo cui era stato chiamato: ha accompagnato con attenzione la comunità a lui affidata nel cammino ordinario, ne ha curato l’apertura agli orizzonti più ampi, l’ha traghettata attraverso un periodo storico lungo e di grandi cambiamenti, non solo a livello socio-politico, ma anche a livello ecclesiale. Ha fatto tutto questo scegliendo di amare la realtà locale, provando a valorizzarne la ricchezza che le appartiene, dedicando a quella terra la parte più consistente della sua esistenza.
Questa consegna di Mons. Sperandeo non è limitabile alle tante iniziative da lui realizzate, ma è penetrata nella profondità del tessuto sociale, segnandolo indelebilmente, al di là della consapevolezza che oggi si ha del suo servizio.
Nello scenario di allora a livello sociale si alternavano luci e ombre: cambiavano le modalità della comunicazione; si diffondevano nuovi modi di fare informazione; la famiglia reggeva l’impatto dei vari mutamenti; la proposta formativa era di buona qualità; i partiti politici avevano un certo rilievo; l’associazionismo era discreto; un ruolo lo svolgevano alcune famiglie; le professioni, l’artigianato e il commercio mantenevano una sufficiente vivacità. Ebbene: in tutto questo scenario, la Chiesa era protagonista e, attraverso guide come quella di Mons. Sperandeo, attingendo cose nuove e cose antiche (Matteo 13,52) da quel tesoro rappresentato dal deposito della fede, ha dato il proprio contributo, l’ha offerto generosamente, ha dimostrato una certa lungimiranza, ha testimoniato valori sociali vitali, ha ricordato il bene comune di quella comunità costituita da ventidue Comuni.
A questo proposito, tra i tanti episodi che potrei ricordare, rammento ancora una sua omelia ordinaria pronunciata con il suo tono paterno e autorevole, così capace di risuonare in un giovane di allora. In quell’omelia invitava alla coerenza nella vita e a rendere armoniosa la nostra vita sociale e pubblica con quella personale e privata. Argomentava tutto ciò con grande profondità. Aveva colto nel giusto, trattandosi di una tensione difficile da comporre e foriera di contraddizioni, e questo snodo dimostra tuttora la sua attualità.
La testimonianza di speranza che Mons. Sperandeo ci ha lasciato, come dicevo, ha aiutato la nostra comunità a compiere un bel tratto di cammino e ora è racchiusa nella profondità del tessuto sociale. Tutto questo non indica un processo di sepoltura, ma una storia ricca che ha vissuto proprio la nostra terra ed è una consegna attuale per il futuro che ci attende. I tempi non sono facili e come comunità abbiamo fatto anche dei passi indietro. La testimonianza di Mons. Matteo Guido Sperandeo, accanto ad altre, ci dice ancora oggi che è possibile riprendere il nostro cammino e ci sono tanti segni che lo attesta