Gli mancano ancora due anni per raggiungere l’età della pensione ma, Cosimo Boragine non ce la fa più. Ogni giorno, lasciare la propria famiglia, il figlio Cristian gravemente malato, la moglie la signora Maria, sull’orlo di una depressione, un’altra figlia Martina di appena quattro anni, diventa sempre più pesante, un peso che ora non riesce più a sopportare.
Ciò che ha costretto Cosimo ha lasciare il lavoro alla Ferrarelle di Riardo, dove ha lavorato per oltre 35 anni, è stata la disperazione, il peso di una vita che negli ultimi anni gli ha riservato solo amarezze, sacrifici e il dolore di vedere avanzare una terribile malattia, nel corpicino del proprio ragazzo Cristian.
“Non voglio occuparmi di niente che non sia mio figlio. Tutte le mie residue energie le voglio dedicare a lui ed alla mia famiglia” con queste precise parole Cosimo ha voluto sintetizzarci perché una decisione tanto drastica come quella di lasciare anticipatamente il lavoro.
Aveva solo 7 anni Cristian quando il 22 marzo 2004, qualche giorno prima del suo settimo compleanno, accusò una forte febbre. Durò solo due ore, ma dopo qualche giorno comparvero i primi strani e terribili sintomi. Da quei giorni è stato un continuo calvario tra ospedali, ambulatori, analisi, visite neurologiche. Nel mese di agosto Cristian fu ricoverato presso l’Ospedale Besta di Milano, dove si effettuano ricerche sulle malattie rare e lì fu diagnosticata per la prima volta, una paralisi bulbare progressiva. Il calvario intanto continuava con l’avanzare della malattia, culminato alla fine dello scorso mese di febbraio, quando il primario dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, sul foglio di dimissioni, ha posto fine ad ogni speranza che potesse trattarsi di malattia diversa e diagnosticando, la SLA Sclerosi laterale amiotrofica giovanile.
Fino a quella febbre maledetta, Cristian era un ragazzo come tanti, vivace, intelligente (è rimasto tale) e molto bravo a scuola. Ora trascorre le sue giornate davanti al computer, quando le condizioni fisiche non gli consentono di andare a scuola o quando non è costretto ai continui spostamenti presso i vari ospedali di Roma, Milano, Genova, Napoli. Cristian legge molto ed è un appassionato navigatore di internet ed ha tanti ma tanti amici che gli vogliono bene. Raramente esce, ma quando lo fa è seduto in una carrozzina, a fine marzo compie 14 anni di età, spinta dalle braccia amorevoli della mamma o di amiche di famiglia di grande sensibilità e bontà. Ama molto le trasmissioni televisive de ” I Cesaroni ” e di “Un medico in famiglia”, ma ama anche San Pio, la Madonna di Luordes e Gesù, dimenticavo: è tifoso della Roma.
Le giornate di Cosimo invece trascorrono tra l’ufficio comunale per le politiche sociali, l’ASL, le farmacie, i medici, si occupa dell’approvvigionamento degli alimenti del figlio che non sono quelli di un normale ragazzo e per il tempo che rimane sta accanto alla moglie, mamma affranta e stanca che ha sempre ostentato coraggio e tenacia ma che ora mostra i segni di un logoramento psichico più che fisico.
Ultimamente a Cristian gli è stata sospesa l’assistenza domiciliare prevista da un provvedimento dell’Ufficio delle Politiche Sociali del comune, retto dal dottore Carlo D’Angelo. Ma è stato sufficiente che Cosimo documentasse meglio lo stato generale della famiglia e quello del proprio ragazzo in particolare, perché il funzionario responsabile predisponesse, con sensibilità e competenza, un completo piano di assistenza che prevede, il ripristino dell’assistenza domiciliare, l’intervento di uno psicologo e la disponibilità di volontari, opportunamente preparati per affrontare situazioni di emergenza.
La storia di Cristian è diventata la storia di tutti, la solidarietà gli è stata garantita dal responsabile delle risorse umane della Ferrarelle, funzionario preparato e sensibile, dai colleghi di lavoro che Cosimo non ha avuto la forza di salutare ieri, mentre scendeva in lacrime le scale degli uffici dove aveva appena depositato la lettera di dimissioni. Cosimo e la sua famiglia mostrano dignità e seppure nella necessità, non hanno mai chiesto niente. Ma noi siamo certi che potrà contare lui e tutta la sua famiglia sulla generosità di una intera città e che, se e quando dovesse essere necessario, nessuno avrà il coraggio di lasciarli soli.
Teano, di fronte alla sofferenza ed al dolore, non ha mai girato la faccia dall’altra parte.
Antonio Guttoriello