“….. un’insegnante di lettere mi ha raccontato che ogni anno come primo tema dava la traccia “Parlami del tuo Paese“. L’istituto alberghiero abbraccia un’utenza di alunni molto vasta fino all’Interlandi napoletano. Morale della favola … tutti esaltano le bellezze, le tradizioni, i piatti tipici del loro paese. I teanesi? Solo difetti e cose brutte. Da sempre e per sempre ‘Piatto tipico di Teano “Pane e cattiveria“.
Questo il commento “integrale” sui social di una cara Amica, che ci ha dato spunto per prendere un foglio bianco, candido come ci auguriamo siano le loro anime, ed una penna semplice, di quelle che dovrebbero imparare a stringere tra le dita.
Prima ancora di appoggiare quel pennino sul foglio, nella nostra mente, come in un film, in un decimillesimo di secondo sono passati anni ed anni di storia che quegli alunni, ma a questo punto non solo loro, dovrebbero studiare e conoscere. Il passaggio da carta e penna a tastiera e documento digitale è stato un attimo, anche se l’emozione dell’inchiostro che “imbratta” quel foglio in uno con quell’odore inconfondibile che ci ricorda i tempi dei banchi di scuola, è impagabile. Maledetta tecnologia!
E’ noto l’amore che proviamo per questa nostra terra martoriata e violentata da quanti invece non ne hanno il benché minimo rispetto. In passato, in virtù di questo amore, in compagnia di qualche amico di merende che condivide la medesima passione, ci siamo divertiti ad andare in giro per il borgo e per le sue innumerevoli frazioni. Semplicemente per guardare, per osservare. Per capire. Un’esperienza che tutti dovrebbero provare.
Fa male, nel profondo dell’animo, leggere che i nostri ragazzi “non esaltano le bellezze, le tradizioni, i piatti tipici del loro paese” … Ma non lo fanno, probabilmente perché non le conoscono e, peggio ancora, non vogliono conoscerle. Ci rendiamo conto che è una questione di quella cultura di un amore da tramandare di padre in figlio, di nonno in nipote. Basterebbe, a tal proposito, incentivare le uscite sul territorio al fine di conoscerlo meglio e comprenderne le origini.
Siamo sempre più convinti che vivere alla ricerca del bello, aiuti la mente a pensare positivo ed a contribuire a trasferire questa mentalità anche a chi ci circonda. Ogni angolo della nostra città è fonte di storia. Ogni pietra, potrebbe raccontarci di un passato glorioso.
Un medesimo bicchiere con dell’acqua dentro, sarà considerato dai più pessimisti mezzo vuoto; viceversa per i più ottimisti sarà mezzo pieno. Provare ad immaginare quel bicchiere più che giusto, in quanto contenente l’acqua che in quel momento ci meritiamo, è forse la scelta più saggia. Dunque, se viviamo in un paese che non ha niente, non è poi che in fondo in fondo è colpa nostra?
Non mischiamo i servizi che un cittadino dovrebbe avere a sua disposizione, con la bellezza di un territorio, che lascia a tratti senza fiato. Un territorio la cui storia, farebbe impallidire chiunque.
La colpa, se tale si può definire non è dei ragazzi ma nostra, che non li stiamo crescendo con quegli ideali che i nostri nonni prima ed i nostri genitori poi hanno riversato in noi miseri boomer…
Se potessimo tornare indietro seduti in quel banco sgangherato con di fianco quello che poi sarà il nostro migliore amico di una vita, in quell’aula con alle mura le cartine geografiche sgualcite e strappate dove il MAESTRO o la MAESTRA ci interrogavano, lo faremmo ad occhi chiusi.
Cari i miei ragazzi, non siamo solo Garibaldi, i Mille ed il Re che avete modo di leggere sui libri di storia alla voce “L’incontro di Teano”.
Teano è l’immensità del Teatro Romano. La bellezza del Duomo, con la sua cripta. Lo splendore del centro storico, con quel dedalo di vicoli che s’incrociano l’un l’altro. La maestosità del Campanile dell’Annunziata con il fascino del corso.
Teano è Via Nicola Gigli. Quella via dei calzolai che da piazza Umberto – oggi Piazza 23 settembre 1943 – arriva fino a porta Napoli.
Teano è porta Roma. Risalendo per l’omonima via i più attenti avranno modo di ammirare Largo San Giovanni prima e la chiesa di Sant’Agostino poi. Sbucare in Piazza della Vittoria, con i suoi palazzi a fare da scudo. Il Castello (Arx) del IV secolo a.c.
Teano è Il Palazzo del Principe, è il “Loggione”. Da qui si può ammirare un panorama mozzafiato. Il Museo, ospitato nei locali della cavallerizza, con le alte volte, è come un diamante prezioso incastonato in un anello dal valore inestimabile.
Teano è la Stretta, ‘a Purtella. Le 5 porte nella cinta muraria a protezione dell’urbe.
Teano è il Monastero di Santa Caterina……
Teano è la “leggenda del santo patrono, San Paride, che sconfisse un drago venerato dagli abitanti, schiacciandolo e trascinandolo nel vicino fiume Savone dove morì. Conseguenza di tale episodio, la sua conversione e nomina a primo vescovo della città. Sul luogo dello scontro, dove nacque una fonte d’acqua, fu costruita la Basilica di San Paride ad Fontem, che ancora oggi custodisce questa storia”.
Teano è quella Chiesa “nel cuore della città, posta a ridosso delle antiche mura preromane, la chiesa di San Francesco è una delle poche evidenze rimaste di un complesso monastico che occupò quasi tutto il settore sudorientale dell’antica “acropoli” sidicina” ….
Non possiamo non menzionare che “il complesso dei Cappelloni a Teano è un antico complesso monastico che include la Chiesa di Santa Maria, nota anche come S. Maria de Intus. Si trova nella parte occidentale della città e le sue grandi pale d’altare sono state trasferite nel palazzo vescovile”.
Teano è la collina di Sant’Antonio con l’omonimo Convento del santuario fondato nel 1427, il cui chiostro è fonte di serenità e pace.
Teano è il Savone, un’opera d’arte che di cui la natura ha voluto farci dono, con le Cascate delle Gomite e le Ferriere borboniche.
Teano è le sue frazioni: Borgonuovo, Cappelle, Carbonara, Casafredda, Casale, Casamostra, Casi, Cipriani, Fontanelle, Furnolo, Gloriani, Magnano, Maiorisi, Poza, Pugliano, San Giulianeta, San Giuliano, San Marco, Santa Maria Versano, Taverna Zarone, Teano Scalo, Tranzi, Tuoro, e Versano. Una più bella dell’altra. Ricche di storia e tradizioni.
Teano è tutte quelle associazioni che in silenzio e lontano dai riflettori, tra mille difficoltà, cercano di mantenere vive le tradizioni, gli usi ei costumi di un popolo.
La prossima volta, prima di dire che non abbiamo niente, pensateci bene. Andate in giro, preferibilmente a piedi e, con quel telefono che avete sempre tra le mani, invece di trastullarvi sui social, fate qualche foto.
Rientrati a casa, provate a trovare delle informazioni su una delle enciclopedie che sicuramente i vostri nonni e le vostre nonne conservano in quei mobili che non avete mai avuto il permesso di toccare.
Aprite quei libroni con i fogli ingialliti. Sentirete l’odore della cultura. Il ditino invece di usarlo per ticchettare sul display dello smartphone, usatelo per scorrere l’indice fino alla lettera “T” e proseguite senza indugio a sfogliare delicatamente quelle pagine.
Troverete cose che voi che credete di essere immortali, nemmeno lontanamente immaginate.
Buona lettura.
Luciano Passariello