Il pensiero è il luogo dove l’essere si rivela, ma i realisti o sedicenti tali non lo sanno. Il realismo, a cui siamo tutti tanto affezionati per restare nello spazio comodo della concretezza, o in ciò che crediamo essere tale, è in verità fede nella realtà, che non può essere autonoma dal pensiero che la pensa. Separare ciò che è dal pensiero che lo pensa è impossibile, come saltare fuori dalla propria ombra. E’ controintuitivo pensare che non sia il soggetto a fondare il pensiero ma il pensiero a includere il soggetto: la logica formale crede di essere il fondamento , crede che l’essere sia possibile, non necessario, eppure senza necessità nessun possibile potrebbe porsi. Non è la logica che fonda l’essere, è l’essere in quanto è a imporre la logica come sua struttura. Il pensiero che si libera della fede nelle parole , nell’interpretazione, scopre che ciò che si crede DATO è solo fede nel dato. L’essere non è la sua semantizzazione, non può essere oggetto, è l’apparire stesso di ogni oggetto, ( un apparire non visivo ma coscienziale, ossia di quel luogo che accoglie tutto ciò che è ). Hegel ci ha lascito una grande eredità : l’importanza dell’intero , certo la sua verità si fa , si costruisce , è frutto di una dialettica ma l’intuizione di vedere il vero solo nell’intero riporta in vita il delos ( il visibile) e l’adelos ( la testimonianza dell’identità che eccede la forma ) , quei due modi di apparire dello stesso come luogo della verità dell’essere, la cui profondità non è un limite logico ma un’irragiungibilità ontologica . Il tutto non si dà, perlomeno non a noi che siamo la parte , dobbiamo farci bastare la sua diacronia, il suo darsi nel tempo, il suo svelarsi asintotico, ma questo non vuol dire che non ci sia, altrimenti noi come parte non potremmo avere alcun significato. Tra soggetto e mondo c’è identità non relazione, la relazione è di ogni ente con sé stesso, ossia col suo stesso apparire. Il PDNC ( principio di non contraddizione ) di Aristotelica memoria, è il presupposto di ogni logica : l’intelligenza non può dire che il rosso è rosso e non è rosso sotto il medesimo rispetto, la contraddizione fa esplodere ogni logos, ogni ragionamento . Di questo principio assoluto che Aristotele tematizza nel libro Gamma , il IV libro della metafisica ,abbiamo tenuto solo l’aspetto logico, rifiutando quello ontologico come elemento metafisico , quindi poco difendibile . Il PDNC ( principio di non contraddizione ) nasce per sottrarre l’essere al divenire, ma poi Aristotele lo esporrà al tempo ,chiudendo la stalla dopo aver fatto uscire i buoi. Il principio quando nasce non tollera l’ipotesi, che è possibilità non necessità , è giustapposizione, non c’è nesso necessario con la verità. Il nesso necessario è tra l’ente e il suo apparire , ( quindi con sé stesso), la stessa matematica che parla di verità, inizia da assiomi, che sono fede, dogmi, giustapposizioni, postulati, convenzioni , per questo Godel parla di incompletezza e Heisenberg di indeterminazione : restano nel calcolo, nel computo , che non possono dimostrare la verità che sottendono e che cercano nella logica formale ,senza intuire che la stessa logica prima di essere qualsiasi sua determinazione, ( corretta, giusta, funzionante, formale) E’, sic et simpliciter. L’assioma manca di quel fondamento ontologico che gli serve per uscire dalla fede , resta un finto inizio, pretesa di verità. La tecnoscienza , il positivo del nostro tempo , secondo i canoni del nichilismo imperante, è la struttura stessa del possibile, l’ontologico non poteva che obliarsi. La tecnica è la forma stessa della volontà , ciò che ci ha portati fuori dalla dimensione umanistica , mostrando di fatto tutta la sua gloria , contro ogni possibile ideologia , fosse anche la più alta . Oggi l’identità, ossia la verità, non guarda alla necessità ontologica, è filiazione del linguaggio, quindi interpretazione, costruzione, e non ciò che si dà da sè .L’essere così diventa ciò che può essere detto ,interpretato, l’immediato è regolato con le leggi del mediato,entificando il nulla e nullificando l’essere. L’apparire non è il mio, ma con il mio è l’essere dell’apparire. Il riduzionismo dell’apparire a me, fa diventare il contenuto contenente, l’astratto concreto, il significato significante.
La verità non è coerenza inferenziale ( deduttiva), ma identità dell’essente con sé stesso, col suo apparire. E’ originaria, non una costruzione, è il fondamento che ogni costruzione presuppone. Nel nostro vocabolario non c’è un termine che possa dire del significato originario, l’ontolgia severiniana è ancora tema per accademici , ma la verità resta sé stessa, anche quando non la si sa. Valutare con questi presupposti ciò che succede intorno a noi , ogni giorno, accende qualche luce in più su quell’irrazionale che ci sembra inspiegabile, oltre che arbitrario e illegittimo.
Nietzsche aveva ragione “ chi ha un perché nella vita, può sopportare quasi ogni come ”.
Ogni evento che diventa pubblico, porta con sé la domanda sul senso collettivo entro cui si inscrive, se scambiamo la parte con l’intero ci sembrerà di non essere più all’altezza di una comprensione che non offende e non difende, semplicemente riesce ad inquadrare l’accaduto in un orizzonte di senso da tenere fermo nella sua verità , e non per l’interpretazione che ne dà il mainstream. Sull’omicidio di Charlie Kirk, le opinioni si moltiplicano senza mai incontrarsi veramente. La conoscenza è ormai divisa in specialismi che faticano a parlarsi. Se la parte vuole essere il tutto si genera un inganno che non è più soltanto logico ma esistenziale. L’intero non è somma, è ciò che precede e tiene in essere ogni parte , è ciò che gli da significato. Quando ognuno difende la propria parte come se fosse la totalità ,la dialettica si trasforma in guerra, la parola arriva a ceder il posto al proiettile ; quando le parole finiscono , siamo tutti in pericolo. La retorica sdoganata da Kirk non era ricerca della verità ma arte della parola vincente, la parte non dialoga con l’intero, ma solo con la parte opposta, in un dibattito sterile , dove l’aver ragione conta più di quanto la propria posizione sia veritativa. Il logos così diventa tecnica di persuasione, petizione di principio, fallacia di una logica esclusivamente binaria. Questo non fa del suo omicidio qualcosa di meno barbaro, qualcuno ha detto in nome della civiltà ”Io non condivido le tue idee, ma darei la mia vita perché tu possa esprimerle” ( pare sia attribuibile a Voltaire). Ogni affermazione trova il suo senso solo se ricondotta all’orizzonte più ampio che la comprende, quell’intero di cui parlava Hegel, quel delos e adelos che non sono due metà, ma due modi di apparire dell’identico . La consapevolezza è notizia della coscienza, è ciò che ci appare di essa, e non ciò che appare ad essa. La verità dialoga con sè stessa , l’imperativo morale è quello di prestarle ascolto e non di mortificarla con l’uso delle belle parole. Il linguaggio è solo una parte dell’ESSERE, non può fondare alcunchè , è l’essere che mostrandosi da sé distrugge ogni fondamento arbitrario. L’intero non è poca cosa , è quella verità a cui dobbiamo essere devoti per dar senso a qualsiasi morale possibile: qualsiasi pensiero, qualsiasi posizione, qualsiasi dire si svuotano di senso razionale se non sono veri. L’intero è L’unica verità possibile per capire qualsiasi evento , anche quelli che non sembrano essere alla nostra portata per complessità semantica , stilistica, o persino in relazione alle nostre scarse competenze tecniche, che possono non farci arrivare fino in fondo, ma non tenerci fuori da quanto di logico sia contenuto in quel dato. Dopo la morte di Armani c’è stata una vera e propria apoteosi sulla bravura stilistica e manageriale di una persona che ha dato lustro al nostro Paese sulle copertine patinate di tutto il mondo.
Nessuno ha accostato alla bella novella dell’artigianato d’eccellenza la realtà del lavoro a basso costo, lavoro povero in un contesto di ricchezza che si è spinta fino alla sua parte volgare, quella che il jet set chiama lusso, ciò che spesso è plusvalore sottratto alla vita dei lavoratori .Le condizioni di lavoro riscontrate presso fornitori, e subfornitori erano assai distanti dalle dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale rilasciate dalle società di Armani , il cui sito aziendale ha scelto di chiamarsi Armani Values , la cui logica sottesa era quella del rispetto dei diritti umani e non certo quella di aumentare la produzione fino a esporre a gravi rischi la salute e la sicurezza dei suoi lavoratori, così come si legge dall’attività istruttoria dell’autorità competente,che ha irrogato alle società Armani una sanzione di 3 milioni e mezzo di euro, per pratica commerciale ingannevole. Questo è l’intero, è la verità , quasi sempre scomoda, a nessuno piace dire che il Re è nudo, pare ci voglia più pelo sullo stomaco di quanto ne occorri per mentire, o solo per omettere. Oggi è la tecnica a dominare l’uomo, l’unica verità possibile è l’efficienza e non l’etica che privata del vero fondamento diventa patetica. Ogni attacco che facciamo all’apparato tecnico è destinato al fallimento. Le forze che usano la tecnica ( politica, democrazia, cristianesimo, economia ) la patiscono anche. La tecnica agisce per razionalità , non è opinione, non rifiuta l’ideologia, la ingloba, la trasforma, la manipola, fin quando gli è utile. Ognuno di noi è struttura parziale dell’apparato tecnico, che ci tollera fin quando funzioniamo nella sua logica di automazione. Quando Trump urla la sua potenza, lascia vedere anche l’impotenza di ogni potenza, che se non dovesse allinearsi alla coerenza sistemica ne verrebbe espulsa come elemento di scarto,come residuo ideologico. Per questo assistiamo a una perdita di coerenza di tutte le ideologie, non perché siamo postideologici ma perché lo siamo massimamente : il credo è uno e si chiama tecnica. La tecnica non funziona per ideologie, simpatie o valori, l’unico valore che riconosce è la razionalità assoluta del mezzo tecnico, è l’efficienza, e l’unico peccato è l’errore che la inficia. L’apparato tecnico per quanto non ci piaccia non è arbitrio, è la stessa volontà di potenza dell’uomo ad incarnarl, persino il Papa predica la pace ma lo fa dalla papamobile e con la sicurezza della Guardia Svizzera.
La tecnica è la forma stessa della nostra vita , non è un soggetto ma la forma in cui la follia occidentale ha spinto il suo volere, credendo di poter andare oltre la necessità dell’essere . Resta volontà dell’intero ,quindi verità del nostro tempo, è ciò che vince su tutto, nessuno come parte potrà neutralizzarlo. La sensazione è quella di aver toccato il fondo come umanità, per i rapporti tra gli uomini, per qualità di vita, per la qualità dell’empatia che sa più di elemento culturale, borghese, che di capacità reale a sentire il dolore dell’altro. Il rischio è che la tecnica trasformi il dolore in merce morale, l’empatia esibita ci fa sembrare buoni, morali, colti, umani, come se la coscienza fosse una nostra particolare capacità, una performance, la compassione potrebbe essere anche un’arma identitaria, potremmo essere noi a gridare il nostro dolore, vestendo l’abito dell’ipocrisia , che oggi non è più quello dell’inganno, ma quello della virtù. Quando mi pongo a difesa di Gaza sto dicendo anche che io non sono il carnefice, c’è autoassoluzione pubblica, mi metto al riparo sotto le parole: resta dunque fondamentale sapere che le parole non possono fondare la verità: la verità si testimonia da sola, anche quando non la vediamo, anche quando non commuove nessuno. La razionalità tecnica ci sovrasta , ma smettere di credere nelle guerre di civiltà vuol dire affidarsi alle guerre mondiali per avere un mondo nuovo. Credere che l’essere sia la sua semantizzazione vuol dire ridurre l’essere al suo solo significato letterale. L’essere non è solo un significato, è il significante, dovremmo cominciare a tenerne conto perché è la cultura che può salvarci ,non l’intelligenza artificiale né l’ombrello della Nato, la cui logica sottesa è dar da mangiare ai bambini ricchi : se si vuole un vero investimento quelli poveri sono troppi .Questo implica tenere alla verità più di quanto ci piaccia aver ragione, più di quanto ci piaccia piacere : Qualcuno si è ricreduto sui miei melting pot, che nel tempo sono diventati uno stilema più di quanto siano un difetto bulimico, certo senza potersi sottrarre all’attento vaglio della lente dello stigma sociale che mi inchiodava al mio status di donna, solo moglie e madre : prigione che non prevede alcun tipo di evasione, figuriamoci culturale,luogo dove sembra essere non pervenuto l’uso dell’intelligere da parte del condannato. Lo stigma sociale non è sempre qualcosa di necessariamente negativo, è anche ciò che fa di noi provinciali dei piccoli megalomani : come lo cambi il mondo senza un pizzico di mania di grandezza? Quando i tempi non chiedono la tua parte migliore, devi inventare altri tempi ( cit. Stefano Benni ) , e poi c’è Nietzsche che mi viene in soccorso con la sua sapienza, ricordandomi che bisogna smetterla col cattivo gusto di andare d’accordo con tutti.
ANNA FERRARO