Il grande De Gaulle si chiedeva come fosse possibile governare un Paese, la Francia, che possedesse 246 tipi di formaggio diversi!
Figuriamoci quanto sia più difficile governare il nostro, che ne possiede 460!
E allora facciamocela anche noi qualche domanda!
E’ da poco passato l’8 di maggio, giorno dedicato alla Madonna nel quale, laicamente, si festeggia anche la “festa delle mamme”, così come il 19 marzo, a S. Giuseppe, si festeggia la “festa del papà”.
Probabilmente dal prossimo anno festeggeremo la “festa del genitore uno” e la “festa del genitore due “, ma quale l’8 di maggio e quale il 19 di marzo?
Riaperto il “caso Garlasco” per la uccisione di Clara Poggi e dopo diciotto anni, dico diciotto, trascorsi in galera da Alberto Stasi, pare che adesso il colpevole sia stato un altro!!!
Le domande: se così fosse e si scoprisse un colpevole diverso, quale somma potrebbe mai risarcire 18 anni passati in carcere e chi dovrebbe tirala fuori dalle tasche: noi cittadini unici “innocenti” in questa triste vicenda o il collegio dei giudici della Corte di Cassazione che all’epoca ribaltò le due sentenze di innocenza dello Stasi al primo e secondo grado di giudizio?
E se il colpevole fosse seriamente provato che sia stato un altro, esiste una aggravante per la sua complicità di diciotto anni nell’aver lasciato in carcere un innocente? Colpevoli i giudici, ma doppiamente colpevole lui!
Al contrario un signore, Emanuele De Maria, viene condannato per omicidio (mica “micio, micio, bau bau) a 13 anni di carcere (che sembrano veramente pochini, ma non vogliamo entrare nel merito) e dopo solo cinque anni gli viene concesso di uscire dal carcere per “buona condotta” e trovare un lavoro. Peccato che la “buona condotta” esercitata in carcere non viene confermata all’esterno consentendogli di uccidere un’altra persona e ferirne gravemente ancora una, spingendolo poi al triste epilogo del proprio suicidio, badate bene, in maniera eclatante gettandosi in terra da una guglia del Duomo di Milano, incurante di poter fare altro male.
Domande: ma si sono rivelate giuste le visite psichiatriche alle quali sarà stato sicuramente sottoposto al primo giudizio? E cosa si intende per “buona condotta” in carcere? Nel non litigare con gli altri reclusi o nel non rifiutare il cibo? E basta già questo a farlo uscire dopo solo cinque anni (dico cinque anni) dei tredici (dico tredici) inflittigli per omicidio (e dico omicidio)? Ma tranquilli: almeno per tutto questo non saremo costretti nessuno, né noi e men che mai i giudici, a metter mano a portafoglio. Restano solo tre vite spezzate ed un ferito grave.
Sulla coscienza di chi?
Sia libero ognuno di darsi una propria risposta!
Claudio Gliottone