Mi capita a caso tra le mani questa bellissima foto: bellissima, almeno per me, non solo per i personaggi ritratti, ma per il luogo in cui sono e per la compostezza e la apparente serenità che li pervade.
Non possono allora che nascere ricordi di un tempo lontanissimo, se misurati con i parametri odierni così proiettati al domani da annullare anche l’oggi: figuriamoci l’ieri. E si intrecciano sentimenti che vanno dall’ “Amarcord” di Fellini alla “Meglio Gioventù” di Marco Tullio Giordana.
Parliamo prima del sito: quel mitico “gradino dell’Annunziata” ch’è stata la palestra di formazione, di informazione, di maturazione personale e sociale di tanti giovani compaesani di allora; della “meglio gioventù” del tempo. Erano gli anni sessanta, ma ancor prima era stato il punto di raduno dei lavoratori alla giornata che, al mattino presto, attendevano di essere ingaggiati per lavori i più disparati pur di raggranellare “una paga per il lesso”, come avrebbe detto Carducci. Usanza, quest’ultima, riportata anche nel film “Due soldi di speranza” di Renato Castellani, girato proprio a Teano con comparse del luogo nel 1952 e vincitore alla Palma d’Oro per il miglior film al 5° Festival di Cannes. Fu inserito poi tra i “cento film italiani da salvare”.
Negli anni sessanta quei “gradini davanti all’Annunziata” erano ancora un ridotto punto di ritrovo per gli “avventizi”, (cominciavano gli anni del boom economico) ma solo nelle prima ore del mattino: alla sera e nei giorni festivi si trasformavano nella “cavea” del teatro di Taormina e nell’ “Accademia di Platone” consentendo a chi vi ci sedeva di contemplare il passeggio fitto che vi si svolgeva dinanzi e di parlare, ad un tempo, delle più ampie problematiche locali e, talvolta, anche mondiali.
Non vi sedevano solo i giovani, ma anche professionisti, docenti, uomini affermati, gruppi di numerosi amici come quelli in foto: cito solo l’indimenticabile Prof. Luigi Vernoni, eccelso intellettuale locale ed i suoi frequentatori, avanguardia culturale dell’epoca.
“Or non è più quel tempo e quell’età” avrebbe detto ancora Carducci: ora ci sono i computer, i telefonini, le discoteche, i ritrovi mondani e via dicendo: ma dubito molto che aggreghino o formino più di quanto accadesse sui “gradini dell’Annunziata”. Perché anche parlare delle più grandi banalità, ma stando vicini, guardandosi in faccia, magari sfottendosi un poco o scherzando, sono convinto, e lo dico per maturata esperienza d’età, che serva molto di più alla formazione delle personalità che non parlare magari anche in video-chiamata, come pure si usa, o cercare su internet notizie che una volta si apprendevano da persone fisiche più colte e preparate.
La capacità di “conoscere sé stessi”, di imparare a sentire dentro, prima di guardarlo fuori, tutto ciò che ci circonda, la si apprende solo dal contatto umano, di uomini tra uomini, non di uomini con macchine; questo mentre incombe su di noi lo strapotere della Intelligenza artificiale, della quale finiremo per non avere più la intelligenza di fare a meno.
Quelli della mia età riconosceranno nella foto degni concittadini che hanno onorato questo paese, vivendo per loro e nostra fortuna in un periodo in cui ancora l’uomo era una entità importante, un essere vivente di infinite potenzialità e non un oggetto da violentare, da scannare, da sparare o da affamare, come oggi si usa.
Qualcuno di loro non è più tra noi, ma siamo felici, per loro e per noi, di aver vissuto in un periodo di relativa tranquillità personale e sociale, in una città umanamente godibile, anche se l’unico posto per incontrarsi non erano il lungomare di Reggio Calabria, né la Fenice di Venezia, ma soltanto ed umilmente “i gradini dinanzi l’Annunziata”.
Claudio Gliottone