Quante mamme avranno ripetuto questa frase rivolta ai propri figli fino a cinquant’anni fa?
Rientrava nella normale educazione familiare impartita dai genitori: educazione da tempo desueta con tutte le visibili conseguenze sociali dei tempi attuali. Desueta perché è cambiato tutto: l’assetto della “famiglia” come struttura mentale della umanità.
La frase veniva solitamente ripetuta a tavola, e non era riferita solo allo stare correttamente seduti sulla propria sedia, senza alzarsi finché il pranzo non fosse finito o finché non si fosse alzato per primo il capofamiglia. Era un implicito incitamento a conoscere sé stessi, le proprie capacità, la propria cultura, il proprio saper essere uomo sociale e, nel porsi agli altri, saperlo rimanere, senza invadere campi o competenze altrui, senza fasulli infingimenti, senza pericolose presunzioni.
“Stai al posto tuo…” per migliorare ascoltando, memorizzando ed imparando dagli altri cose nuove od anche aspetti nuovi di cose sapute e risapute, ma sempre senza ostentare, specie in quest’ultimo caso, una celata superiorità.
“Stai al posto tuo…” per rafforzare la propria autostima ed evitare di far brutte figure di fronte a situazioni nuove e sconosciute; per affinare il proprio sapere aspettando il momento giusto per metterlo in pratica e mostrarlo agli altri, ma sempre sapendo restare al proprio posto, senza limitarsi, ma soprattutto senza eccedere.
Gesù aveva detto più o meno le stesse cose in una sua parabola: “… quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
Alessandro D’Avenia nel suo siparietto sul “Corriere della Sera” si chiedeva se non fosse più opportuno chiedere ad un ragazzo non “cosa vuoi fare da grande?”, ma “cosa vuoi fare di grande?”; ed a tutti non più “quanti anni hai di vita?” ma “quanta vita hai nei tuoi anni?”.
Oggi queste belle cose non avverranno mai: non ne esistono più i presupposti.
- Non in tutte le famiglie c’è una madre: sovente ce ne sono due, così come ce ne sono con due padri.
- Il pranzo non è più un momento aggregante la famiglia, durante il quale genitori tra loro e con i propri figli parlano di vita vissuta o da vivere. I genitori tacciono ed i figli si perdono nei telefonini.
- Il capofamiglia non esiste più, come non esistono uomini capaci di interpretarlo.
- “Stare al proprio posto” non è più considerato una virtù: i social insegnano ed incoraggiano l’esatto contrario.
E allora pazienza. I tempi son cambiati, lo ripetiamo sempre. Ma egoisticamente non ce ne dispiace perché i primi eran tempi migliori: ed abbiamo avuto la fortuna di viverli così com’erano.
Claudio Gliottone