Fu il motto non ufficiale dell’Arma dei Carabinieri fino al 1933 quando, in esecuzione della legge 293/1932 relativa ai motti araldici, le fu assegnato quello araldico “Nei secoli fedeli”.
Il primo, di estrazione antologica, era tratto dal poema “La Rassegna di Novara” nel quale l’autore, Costantino Nigra, più noto per la sua stretta collaborazione con Cavour del quale era Segretario Particolare, immagina che il Re Carlo Alberto passi in rassegna le compagnie del suo esercito; ad aprirne la sfilata l’Arma dei Carabinieri.
L’Unità d’Italia era ancora lontana; verranno altre guerre d’Indipendenza, ma l’Arma tenne sempre fede a quel motto.
Aggiungo un brano dal contesto del poema in cui è riportata la frase:
“Del Re Custodi e della legge
Schiavi sol del dover, usi obbedir tacendo
E tacendo morir, vittime oscure e grandi,
anime salde in salde membra…”
Ancora oggi, ridimensionato o svanito ogni concetto di dedizione al dovere, specie nella tutela delle persone oneste, i Militi della Benemerita restano fedeli nei secoli a quel primo motto.
Anche se quotidianamente attaccati da una opinione pubblica e giudiziaria alla ricerca di cavilli pretestuosi come il mantenere la distanza di sicurezza durante un inseguimento (laddove il fine, ma solo per conoscenza, è quello di fermare, foss’anche per soli accertamenti, chi ha già commesso un reato eludendo il fermo di polizia, e non quello di farsi una passeggiata dietro ad un fuggitivo) o il contestare l’uso del Taser di fronte ad un indemoniato (poi scoperto drogato e morto per tale motivo) che sferra colpi di coltello a lama lunga a destra e a manca.
Occasione per ricordare che a tale motto antologico tenne gloriosa fede anche un nostro concittadino nel lontano 1945, Mario Paoletti, a Niscemi, in Sicilia.
Si era nell’immediato dopoguerra e le bande di mafiosi e di delinquenti trovavano terreno fertile nel disordine totale di una guerra combattuta prima contro un nemico che diventa alleato e poi contro un alleato che diventa nemico.
A Niscemi, in provincia di Caltanissetta, opera la banda di Rosario Avilio che taglieggia senza pietà ricchi e poveri: una notte la banda arriva in una masseria di contadini i quali non hanno il coraggio di rifiutare loro un nascondiglio. Sette carabinieri stanno perlustrando la zona, entrano nella masseria e controllano i documenti dei contadini. I malfattori fuggono da una finestra posteriore poi, nascosti alla vista dei carabinieri, scaricano contro di loro una raffica di colpi, uccidendone tre e ferendo gli altri quattro. Tra i caduti il nostro concittadino.
A tutti e tre viene assegnata alla memoria una “medaglia d’argento al valor militare”.
Successivamente furono intestate al nome dei due caduti De Miceli e Pagano le caserme dell’Arma di San Michele di Ganzaria e di Ventimiglia di Sicilia, loro paesi di origine.
Nulla fu fatto in tal senso dalla nostra Città per il terzo caduto Mario Paoletti, nostro concittadino.
Claudio Gliottone