A bocce quasi ferme, ma non tali solo perché a qualcuno può far comodo che rotolino ancora, vorremmo parlare del “rogo di Teano”, a confronto del quale quello neroniano di Roma sembra essere diventato un barbecue per arrosticini, stando almeno alle notizie di stampa o di una certa stampa.
Ci sembra che in sostanza, al di là delle grosse responsabilità che ne esistono alle spalle, da un riferimento all’asta falsata nell’offerta alla assenza dei dovuti controlli ed al fatto in sé, quest’ultimo si sia trasformato, per alcuni, da malaffare giuridico ed amministrativo, in fomentabile affare politico.
La cosa potrebbe anche essere accettabile se non si ricorresse, per sostenerla, alle esagerazioni catastrofiche delle possibili conseguenze che molti si accaniscono a ricercare giorno per giorno nella speranza di trovarle, quasi delusi dal fatto che poi tanto catastrofiche non sono.
Resta il fatto, sicuramente condannabile, di un incendio doloso di rifiuti potenzialmente tossici verificatosi in uno stabilimento che da sito di produzione agro-alimentare si era trasformato in sito di stoccaggio di rifiuti industriali e non; trasformazione che, diciamolo, era a conoscenza di tutti, anche di chi solo si fosse trovato a passare davanti ad esso.
Prima che entrasse in vigore il SSN, sul finire degli anni 70, ogni comune disponeva di un Ufficiale Sanitario ed un relativo corpo di Vigili Sanitari ai quali era demandata la tutela della salute pubblica di tutto il territorio che era oggetto di settimanali controlli, a partire dal mercato settimanale del sabato. E ricordo l’indimenticato amico Dr. Lucio Salvi, che ricopriva questo incarico, di avermi parlato più volte di quella industrietta le cui condizioni igieniche non sempre brillavano, tanto da costringerlo più volte a chiuderne l’attività per brevi periodi. Perché dico questo? Per dimostrare che “allora” i controlli, quelli ufficiali, esistevano eccome! Oggi non so; so solo che progresso e miglioramento non sempre marciano di pari passo e sovente sono cose distinte e separate.
Di certo v’è solo che non abbiamo fatto una bella figura al confronto dei paesi limitrofi da tempo ormai più progrediti ed abbiamo assestato un altro poderoso colpo al nostro territorio, aggiungendo un altro deleterio motivo a quelli già esistenti per suggerire di starne lontano.
A questo punto, per meglio spiegare il capoverso immediatamente precedente, mi addentrerei volentieri in una analisi un pochino più allargata del nostro modo teanese di essere e di comportarci perché è solo a causa sua che godiamo da decenni e decenni di un continuo crescente regresso al quale non riusciamo a porre rimedio. Il tutto non per cercare giustificazioni o condanne a singole persone ma per spronare a guardare ben oltre i negativi fatti singoli perché non abbiano più a ripetersi nella nostra storia locale.
Orbene pare sia insorta nelle ultime amministrazioni locali la priorità a ricercare e perseguire la cosiddetta “vocazione” del nostro popolo sidicino: bel termine che la enciclopedia Treccani definisce “Inclinazione naturale ad adottare e seguire un modo o una condizione di vita, a esercitare un’arte, una professione, a intraprendere lo studio di una disciplina… alcuni sinonimi di “vocazione” sono chiamata, inclinazione, attitudine, disposizione, predisposizione, propensione, passione e tendenza.”.
E qui c’è il solito asino che casca non tanto nella ricerca di una “vocazione” ma nella capacità comune a volerla e saperla perseguire, quella e solo quella!
E allora:
- Si parla di “vocazione agricola”, ma si è mai pensato di istituire un mercato agricolo riferimento di tutti i coltivatori della zona e di quelle adiacenti invece che sottostare alla volontà di pochi imprenditori agricoli di piccole imprese familiari?
- Si parla di “vocazione turistica” ma cosa si è fatto per rendere il paese urbanamente accogliente nella efficienza e pulizia dei luoghi, mentre si è lasciato deperire sempre di più un patrimonio culturale e storico di grande rilievo, sopperendo ad esso con la organizzazione caciaresca di sagre e festività che lasciano il tempo che trovano?
- Si parlò decenni fa di possibile “vocazione industriale” ma fu mai perseguito un piano ASI che individuasse un luogo da destinare agli impianti industriali?
- Si parla di “vocazione residenziale”, ma quali interventi sono stati fatti per rendere la città degna di essere vissuta ed attrattiva con strade efficienti, con servizi pubblici funzionanti, riposante ed accogliente, urbanisticamente regolata e senza traffico selvaggio?
Queste “vocazioni”, frutto delle ispirazioni del momento ed espressione la più pura della mancanza da parte di noi sidicini dell’unica veramente valida, la “vocazione sociale”, hanno solo sortito l’effetto di mettersi l’una contro l’altra ostacolandosi a vicenda per il prevalere continuo di classi eterogenee (agricoltori, palazzinari, commercianti ecc…) in perfetto disaccordo tra di loro. E la distruzione della città è stata inesorabile: troppi NO a qualunque soluzione sono stati pronunciati e nessun illuminato amministratore che mai avesse saputo scegliere la vocazione da perseguire ed avesse saputo imporsi per il bene della città: chi ha tentato si farlo è stato impallinato dalla sua stessa maggioranza. E questo la dice lunga, ma lunga assai.
Una ultima domanda mi pongo e vi pongo: secondo voi perché abbiamo speso milioni di lire e di euro senza avere ancora un piano regolatore ud un Puc, come si dice ora in ossequio alla credenza che cambiando il nome cambi anche l’essenza delle cose.
Un bellissimo pensiero espresso da Roberto Vecchioni in una delle sue bellissime canzoni recita così: “e infine viene un giorno, nella vita, che scegli: e se non scegli l’hai tradita!”.
Per quanti secoli ancora continueremo a tradirla noi teanesi?
Claudio Gliottone