E’ la storia dimenticata, negata, intenzionalmente eliminata per 70 anni. In verità solo da qualche anno si è, stentatamente, iniziato a parlarne di nascosto.
Oggi una persona dotata di un pensiero libero e al di sopra di ogni retorica può tranquillamente acclarare che questo dramma in passato ha subito una rimozione collettiva che oggi si vuol colmare con il ricordo. Il ricordo di un popolo, quello “giuliano” che subì nel 1945 e negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale delle atrocità attuate dai comunisti slavi e da molti elementi della brigata partigiana “Garibaldi” schierati nel Friuli. Atrocità poste in essere da menti degenerate, ferocia e atroci bestialità che oggi somigliano a quelle che commettono i combattenti dell’ISIS. Oggettivamente sano è nutrire un sentimento di disprezzo verso coloro che in quel periodo commisero quei riprovevoli crimini verso donne, uomini e bambini di nazionalità italiana.
Le prime a scomparire furono le donne legate alle istituzioni: non a caso le insegnanti furono particolarmente perseguitate e i loro cadaveri offesi e martoriati. Infatti era prassi ucciderle e poi impiccarle a un albero. Donne già provate da una notevole pressione psicologica dovuta all’incertezza del domani, e soprattutto della quotidianità, poiché costoro si occupavano di bambini e anziani, che gli uomini avevano affidato loro andando al fronte.
In verità le foibe possono essere paragonate all’olocausto per la sistematicità delle esecuzioni, operate dagli slavi contro gli italiani, considerati come sinonimo di fascisti, e contro tutti quelli che non si riconoscevano nel nuovo clichè del fedele comunista. Le foibe, con le loro cavità carsiche, generarono un vuoto anche metaforico, una non-morte, cancellando la rielaborazione del tutto e il rispetto del defunto, divenuto in quel momento un semplice oggetto da gettare in una discarica.
Nella Venezia Giulia si moriva per motivi politici, sociali e, di conseguenza, economici. In tale scenario, si creò uno spazio per le vendette private, per le appropriazioni indebite, per tutta quella catena di violenze che accompagnavano un simile processo di epurazione. Una vera e propria “pulizia etnica” o meglio ancora genocidio, al fine di porre in essere quel tentativo d’eliminazione dei vertici della società italiana.
Gli infoibamenti e le deportazioni eseguite durante la fase storica che vide dapprima le forze anglo-americane alleate e sovietiche contrapposte al nazifascismo ma, subito dopo la fine del conflitto, iniziò un’altra battaglia, stavolta non combattuta con armi convenzionali: la guerra fredda.
Le potenze occidentali ora annoveravano nuovi nemici: gli antichi alleati di prima, i comunisti, erano i nuovi “cattivi” da combattere. In tale scenario emergerà Tito, l’uomo nuovo che da solo libererà
L’argomento foibe è arduo a causa delle diverse interpretazioni che ne sono state date nel corso degli anni; perché si tratta di un argomento strettamente radicato alla questione del confine italo-jugoslavo creatosi alla fine della seconda guerra mondiale a seguito della costrizione all’esodo del popolo italiano.
Gli storici sono risaliti a testimonianze dirette, hanno raggiunto le voci di chi ha subito gli orrori delle foibe, attendendo che il tempo dolcificasse il ricordo ma non cancellasse la memoria, cercando di andare al di là dei timori e delle congetture.
Negli anni cinquanta ero ragazzino, a volte sentivo parlare di questa problematica. Mi ricordo che nei pressi di Capua fù realizzato un campo profughi per questi esodati i quali furono ancora una volta scherniti o additati come persone diverse, li chiamavano slavi. La cultura politica italiana di quel tempo era moralmente marcia dentro, nell’animo, e pensare che questi esuli erano nostri fratelli giuliani, erano ITALIANI!
Oggi, sidicini, spero che il martirio e la morte di tante persone non sia stato vano, che resti nella mente dell’uomo un monito contro la brutalità della onnipresente violenza contro le donne. Lo stato italiano ha riconosciuto nel 2006 la medaglia d’oro al valore civile alla memoria a Norma Cossetto, vittima dei partigiani, con la seguente motivazione: “Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carnefici e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio”.
Oltre a Norma, dobbiamo ricordare tutte le vittime mute di questa assurda guerra, che ha lasciato uno strascico indelebile di dolore e che, anche attraverso il dramma dell’esodo, ha colpito intere popolazioni della regione giuliana. Senza voler giungere con facile sintesi o a sbrigative analisi, mi auguro che si possa fare sempre più chiarezza su questo doloroso fenomeno, magari anche attraverso la progressiva apertura degli archivi di stato della ex Jugoslavia, favorendo una discussione utile e costruttiva atta a valutare con onestà intellettuale la problematica “foibe” dando vita a una concreta contrapposizione a quella matrice ideologica che spesso ha caratterizzato la negazione dell’evento storico. Ora senza addentrarmi in polemiche, desidero ricordare le bellissime parole dette dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della giornata del ricordo del 2007: “va ricordato l’imperdonabile orrore contro l’umanità costituito dalle foibe…….va ricordata la “congiura del silenzio”, “la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell’oblio”. Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci le responsabilità dell’aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali.
Altro passaggio del discorso che merita essere abbozzato è “già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell’autunno del 1943, si intrecciarono giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere,
Sidicini, ancora oggi, nonostante l’istituzione del giorno del Ricordo, il 10 febbraio, e nonostante le conferenze che da anni si fanno su questo argomento, il dramma delle foibe resta sconosciuto ai più, quasi fosse una pagina rimossa della seconda guerra mondiale. Eppure tutti sanno che in questo dramma hanno trovato la morte molte migliaia di persone, “cancellate” dalla memoria dei posteri, simile a quella barbara modalità con cui ebbero sommaria sepoltura.
La nostra stupidità mentale sta nel fatto che ci ricordiamo dell’Olocausto, delle “fosse ardeatine” nr. 335 persone trucidate a cuor leggero dai tedeschi e non ci ricordiamo o meglio ancora volutamente ignoriamo migliaia di persone italiane trucidate dai partigiani slavi e garibaldini. Da buon italiano io mi vergogno di tutto questo, di questa labile mente che il popolo possiede, o meglio ancora e diciamocela tutta si è sempre fatto un distinguo: morti di seria “A” e morti di seria ”B”. Vergogna! I morti non hanno colore politico.
Questa è la vera storia italiana, essa appartiene al popolo italiano e mai nessun seduttore potrà cambiare la realtà dei fatti in quanto essi sono eventi realmente accaduti e non estratti da fiabe.
Queste righe non vogliono rappresentare un atteggiamento politico, ma vogliono manifestare un atto d’amore e l’espressione del ricordo affettuoso, imperituro e doveroso, verso i nostri fratelli giuliani. Confermare l’orgoglio del popolo italiano per i sacrifici sofferti. Onore a tutte le vittime!
Mario BISCOTTI