Cosa dire ad una madre che riceve da una inattesa telefonata della Polizia la notizia che la figlia di 14 anni è morta alle cinque del mattino in un incidente stradale in una macchina guidata da uno spregiudicato ubriaco e forse drogato, a 170 km. all’ora? Ad una madre che credeva che la figlia stesse dormendo nella sua cameretta?
Cosa dire al padre di un ragazzo egiziano seduto sul sedile posteriore di una motoretta, guidata da un suo amico senza patente che non si era fermato all’alt della polizia, sbandata e schiantatasi contro un muro dopo un lungo inseguimento?
Cosa dire al fidanzato di una giovane donna che ha dato alla luce in successivi momenti due bambini, senza che nessuno se ne accorgesse, e li ha subito uccisi seppellendoli poi nel giardino di casa?
Cosa dire ai genitori di ragazzi che girano armati di coltello ed ammazzano in risse tra baby gang scatenate per i più banali motivi e messe in atto solo per non annoiarsi?
Cosa dire di una umanità in precipitoso degrado che giorno per giorno gode nel lasciarsi sostituire sempre più da aride macchine che fanno tutto da sole, acquisendone nei rapporti interpersonali, come faceva notare Alessandro D’Avenia qualche giorno fa sulle pagine del “Corriere”, persino il linguaggio creato apposta per loro: “sono esaurito”, “devo staccare la spina”, “devo ricaricarmi”, “colleghiamoci”, “interfacciamoci” … e via dicendo?
Una umanità che fino a qualche anno fa cresceva spiritualmente nel e per il desiderio e la capacità di suoi componenti di “eternarsi” nella storia grazie alle loro opere eccelse nei campi più disparati dei sentimenti, dalla poesia alla musica, all’arte, alla solidarietà, all’amore per il prossimo, superando immaterialmente gli angusti limiti della vita.
“Or non è più quel tempo e quell’età…” avrebbe detto Carducci: oggi si brucia, e male, il presente. Ci si annienta materialmente ed inutilmente senza accorgersi nemmeno del grandioso dono della vita, di quella infinita serie di combinazioni le più disparate per le quali viene al mondo ognuno di noi, unico nella sua specificità di fronte all’eterno.
Del quale, oramai, non ci interessa più niente.
Claudio Gliottone