Caro Direttore,
quella che segue, non è la classica letterina che tutti i bimbi ogni anno scrivono fiduciosi a Babbo Natale, ma una sua risposta ad una ipotetica missiva di un piccolo sidicino.
Mittente: Babbo Natale,
Rovaniemi
Villaggio ufficiale di Babbo Natale
Korvatunturi – Lapponia
Oggetto: riscontro tua del 13.11.2024
Carissimo,
ho ricevuto con piacere la tua letterina e provo a rispondere a tutte le tue richieste. Sai, ogni anno ricevo una marea di lettere e grazie all’aiuto dei miei Elfi rispondo a tutti. Grandi e piccini. Comincio ricordandoti che io sono un semplice Babbo Natale. Porto doni e regali. Non faccio mica i miracoli. Quindi la tua prima richiesta di vivere in una città normale, a misura di bambino, non può essere esaudita.
Caro bimbo, è inutile che continui a scrivermi ogni anno promettendo che non dirai più bugie. Non vorrai mica fare l’Amministratore da grande? Bimbo mio tu, a ragione, ti lamenti perché non hai nulla. È tutta colpa di quelli di prima, ti avranno fatto intendere fin da piccino. Noi abbiamo già trovato così, ti avranno detto. Non ci sono soldi. Sarà più o meno questa la canzoncina che proveranno ad insegnarti.
Questa volta però, piuttosto che rispondere alle tue legittime richieste, ho io qualcosa da chiedere. Più che una richiesta, la mia è una curiosità, chiamiamola così, che nasce dopo aver visto ultimamente in TV, il programma Bellissima Italia su Rai2, che ha raccontato di Teano. La domanda che mi nasce spontanea è: “e quindi?”.
Mi sono sempre posto questi semplici interrogativi che seguono:
Se domani mattina arrivasse un pullman di turisti, chi lo accoglierebbe a parte qualche “volontario volenteroso”?
Se quello stesso gruppo di viaggiatori chiedesse di visitare il Teatro Romano, chi lo ripulirebbe dalle erbacce che lo infestano? E, lo scempio delle discariche a cielo aperto lungo le strade che dovranno percorrere per raggiungerlo, sarebbe il biglietto da visita che meritiamo?
Se uno di quei forestieri dovesse avere un malore e chiedesse di essere portato in ospedale, avresti il coraggio di dirgli che quello più vicino è a poco più di 20 Km, perché il nostro nosocomio da tempo non esiste più?
Se invece di venire in pullman arrivassero in treno, chi li informerebbe che per arrivare in piazza dovranno farsi 3.5 Km a piedi, con bagagli al seguito, perché la stazione non è collegata con il centro cittadino da un servizio di navetta?
Se qualcuno di loro ti chiedesse di accompagnarlo alla vasca avresti il coraggio di mostrare lo stato di abbandono in cui versa?
Se al vespro decidessero di fare una passeggiata lungo le vie della città, quante anime incontrerebbero lungo il loro cammino?
Se si recassero in una delle tante belle frazioni del territorio sidicino, chi li erudisse che in molte di loro l’acqua è ancora oggi solo soltanto un miraggio?
Caro bambino ingenuo, la realtà è un’altra. È dura, cruda ed amara. Difficile da digerire.
Ti raccontano che la tua città è la culla dell’Unità d’Italia, ma in fin dei conti questo benedetto Incontro quale beneficio ha portato, che tanto si animano quando qualcuno lo attribuisce a Vairano ?
Un tempo era il centro di riferimento dell’alto casertano. In 40 anni è stata letteralmente annientata. Un paese ormai fantasma capace di perdere: un mercato settimanale fiorente; un ospedale; la guardia di Finanza; la tenenza dei Carabinieri; la Pretura; la Fiera di S. Antonio; la dogana; la stazione ferroviaria; il Convento di S. Antonio; il casello autostradale; le Ferriere delle Vomite del Savone; la Precisa; la Ramiera; l’acqua cristallina; le suore di Santa Caterina; … e mi fermo qui 🙁
Però caro fanciullo, tu hai ragione. Che colpa ne hai se già da piccino ti hanno rubato il futuro? Scrutando l’avvenire, ti vedo poco più che maggiorenne che salutando i tuoi cari vai via, mentre loro con gli occhi gonfi di lacrime, t veren ‘e partì p terre assaje luntane. Te ne andrai alla ricerca di un futuro a te qui negato e con il cuore gonfio di tristezzam chiagnerrai vrenn ‘a luntan ‘u Campanar, ca s’ farà semp cchiù piccirill fino a scomparire all’orizzonte. Quello stesso Campanile, simbolo di una città che da tempo ha smesso di segnare il tempo. Con quelle sue tristi lancette inesorabilmente ferme ed immobili da tempo immemore sulle 11.15. Che tristezza. Comm’er bell quanne ra piccirill, o’ sentiv ‘e sunà a miezojuorn.
“Don, don, don, don, don, don, don, don, don, don, don, don”.
Dodici rintocchi che risuonavano nell’aria scandendo la vita di tutti i giorni di un’intera comunità. Se chiudo gli occhi e provo ad immaginare, li sento ancora. Che musica!! Lo struscio serale lungo il corso. “La truscia” per racimolare qualche spicciolo. Le imbosscate aret ‘e vicariell degli innamorati. Per una sigaretta furtiva, lontani da occhi indiscreti, o per un bacio appassionato per i più romantici.
Potrei continuare fino a domani a raccontar di quel che era ed oggi non è più. Se servisse a qualcosa, lo farei tutti i giorni. Tutte le ore. Tutti i momenti.
Nennì, per una volta sono io che scrivo a te. Ciò nonostante, non tutto è perso. Non tutto è andato. Sotto quella cenere ancora brucia qualcosa. Per chi come me, che ama visceralmente questa città, ancora c’è speranza. Almeno così voglio sognare.
Per questo Natale, non ti chiedo nulla di speciale. Ti chiedo solo di iniziare ad amare la tua città. Nelle cose più semplici. Come la goccia, che presa da sola non è nulla. Ma unita alle altre, forma l’immensità del mare.
Come diceva Madre Teresa di Calcutta, una piccola grande donna,: “Quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano. Se non lo facessimo, l’oceano senza quella goccia sarebbe più piccolo”
Buone feste
Tuo Santa Claus
ps.
La letterina prova a mandarla alla Befana. Sei ancora in tempo. Può darsi che lei ti starà a sentire, ed esaudirà tutti i tuoi desideri. Je magg sfastriat e m’ sfastrià.