Un proverbio turco recita : “Se metti un clown in un palazzo non diventa un Re.
E’ il palazzo che diventa un circo”… C’è stato un tempo in cui erano i giullari a dileggiare il potere: certo serviva a far ridere, ma anche a tenere accese le coscienze e ridare dignità agli oppressi, che del potere avvertivano quella violenza che gli è propria per un fatto ontologico. In tedesco gewalt è la parola usata per dire potere ma anche violenza, proprio per l’omonimia dei due significati. I più adoperano le parole inconsapevolmente, ma le parole hanno una loro consapevolezza che ai più sfugge. Il linguaggio è molto più pervasivo di quanto percepiamo, la parola non è la cosa in sé, ed è proprio in questo gap cognitivo che si perdono i veri significati, per un fatto di diacronia ma anche per una volontà arbitraria di quelli che con le parole ci lavorano, riuscendo a spostare i significati di fondo a favore di una narrazione diffusa dal mainstream . Adesso sono gli stessi potenti ad usare la cialtroneria propria dei pagliacci, rendendo veramente difficile distinguere gli uni dagli altri . I grandi del mondo, Trump, Musk , Putin¸ Milei,Netanyahu, Bannon, ma anche il nostro stesso primo ministro ,spesso assumono atteggiamenti ai limiti del bullismo, profilando una politica all’insegna del più forte; non si preoccupano più di sfoggiare atteggiamenti istituzionali corretti che non sono mai solo un fatto di costume e di buone maniere . Ciò che viene definito forma è tale solo in virtù di una naturale dialettica con l’altro termine di relazione, che è la sostanza. La differenza ontologica tra forma e contenuto evoca mancanza di verità. I filosofi annoieranno pure con la loro teoretica, ma la loro resta l’unica prospettiva speculativa sul significato autentico della verità. Che non è solo quella del fondamento , anche se tanto cara alla filosofia, ma qualsiasi verità, anche quella più umile del semplice dire, che può essere aulico, nobile, illustre, raffinato ma nessun dire può avere valore alcuno se manca di verità. Solo nella verità, forma e sostanza coincidono, riuscendo ad apparire come distinte ma non separate. Un contenitore privo di contenuto non è un contenitore. Certo il senso comune non sa nulla di ontologia, si accontenta della logica formale, cioè di ciò che predica l’essere delle cose attraverso una copula (è), confondendolo con le sue determinazioni, senza riuscire a cogliere l’essere in sé , così come ci si manifesta. Ogni preposizione logica, per essere pensabile presuppone già l’essere. Se noi separiamo il logico dall’ontologico, consegniamo il nostro pensiero al nichilismo, creando il presupposto perché si riesca a dire cose palesemente non vere eppure difficilmente smentibili. Non è solo il teorema di Godel a dire che ci sono verità non dimostrabili , esso è già un contenuto del principio primo della filosofia, quello di aristotelica memoria: il PDNC ( principio di non contraddizione ) che unisce il logico all’ontologico, vietando la contraddizione che fa scoppiare ogni intelligere, che assume la logica in actu signatu ( a parole) e la nega in actu exercito ( nei fatti ). Non è un ostacolo imposto dall’esterno, ma è la struttura stessa dell’essere . E’ il limite della volontà. Rispettare il PDNC significa riuscire a tenere fermo ciò che diciamo , fuori da ogni possibile contraddizione , dando alla verità l’essenza che gli è propria : l’incontrovertibilità. Oggi siamo lontanissimi dal principio di Aristotele , nonostante continuiamo ad usare la sua logica , le sue categorie di pensiero, ci contraddiciamo senza averne neanche contezza . Il negatore del PDNC non si avvede che qualsiasi negazione non riesce veramente a costituirsi, perché per poter negare esplicitamente qualcosa la si deve già sussumere implicitamente. Per cui ogni negazione è anche affermazione di ciò che si vuole negare. Questi sono i valori aggiunti della filosofia , questa è la radicalità filosofica che stana i riverberi di un COSCIENZA CHE finge di non sapere DI ESSERE FALSA. Contraddirsi è il tentativo di porre un significato che nel suo stesso apparire si nega da sé. Non è semplicemente un errore logico, ma è il tentativo di affermare ciò che è già tolto dalla verità dell’essere. La nostra menzogna è parte di un intero semantico che contiene già tutto , il nostro mentire è solo la fede di poter separare ciò che non è separabile : l’essere. La menzogna è una forma di isolamento nichilistico della mente, che crede di poter dire qualcosa di falso, come se ciò fosse altro dall’essere. L’essere non può uscire dalla mente , è già sempre l’intero. Un fuori dall’essere è impossibile, il mentire può solo credere di poter separare l’essere da sé stesso , confermandone a sua insaputa la totalità. La negazione è essa stessa un momento interno all’essere. Rinnegando il PDNC, si rinnega la vera identità delle cose , da qui la violenza del nostro tempo, cosa può essere più violento dell’usurpare la verità di ogni identità. Lo stesso diritto positivo nasce per corrispondere in qualche modo a questa mancanza cognitiva che genera ingiustizia e non solo per i significati filosofici . Per Aristotele giustizia é volere il bene dell’altro, ma è rimasta un’utopia che non si è mai realizzata. I greci usano il termine Dike per parlare di giustizia, che è pur sempre la figlia di Zeus, per cui giustizia è da sempre unita al potere . Non ha mai avuto una nobile genealogia , è pur sempre qualcosa di umano. E’ la legge, il filo che tiene in equilibrio il potere e la giustizia, per cui lo stesso valore ontologico del diritto dipende da quanto la legge sia in grado di realizzare la giustizia. Quando non succede , la legge non ha più in sé l’istanza di giustificarsi e diventa mero legalismo. In un mondo che rinuncia al pensiero vero, facendo apparire per logico ciò che non lo è , la menzogna ha pieno diritto d’asilo, diventa un habitat naturale , fino a prendere il posto della verità. La razionalità di cui parlava Hegel non è quella del reale in quanto tale, ma ciò che produce lo spirito del tempo. Per cui il mentire è sdoganato dal modus operandi della società moderna ed è questo a rendere razionale un reale che di fatto si afferma su qualcosa che non riusciamo a tenere stabile, nonostante appaia come giusta. Hegel è antiutilitarista , il suo spirito assoluto non è l’economia, ma l’arte, la religone, la filosofia. I giovani dovrebbero avere fame di giustizia, ma c’è un immenso apparato tecnico che lavora incessantemente perché questa fame venga soddisfatta dai panini di Mc Donald’s. Il moderno capitalismo avvicina ciò che è lontano e allontana ciò che è vicino, facendo perdere loro non solo empatia, pathos verso i più fragili, ma lo stesso orizzonte di senso storico , necessario a far cogliere loro lo spazio futuro come il luogo delle possibilità, il luogo della defatalizzazione di un mondo che sembra essere intrasformabile. Nessuno può privatizzare il loro futuro , rendendolo accessibile solo a chi se lo potrà permettere, targando la giustizia sociale come tema di retroguardia. Il finto positivo si afferma senza trovare ostacoli . Quando tagliano i fondi alla cultura ci sembra molto meno grave dei roghi ai dissidenti, non avvertiamo la tragicità della ricaduta sociale della nuova cultura low cost. C’è un convitato di pietra che opera per la formattazione intellettuale delle masse, volto ad abbassare il tasso di democrazia. Non avremmo dovuto rinunciare all’impianto filosofico hegelo-marxista , l’idealismo andava tenuto fermo, perché fosse possibile una moderna rivoluzione copernicana. Il capitale non è più solo di destra ma anche di sinistra, strutturare coscienze critiche diventa difficile. Il tessuto sociale è eterogeneo, un giovane del centro sociale viene a trovarsi vicino a un manager che si dice di sinistra, magari perché ama jimi Hendrix,senza nessun pathos comune, che potrebbe invece trovare con un musulmano disoccupato che condivide le stesse privazioni . Questo aiuta a generare l’analfabetismo valoriale e sentimentale che domina incontrastato. Non abbiamo più un ordine valoriale di riferimento, tanto che il moderno proletario è un singolo atomo sfruttato come sempre, ma non sa più di esserlo. Indossa la stessa maglietta del capitalista, comprata coi saldi e guida la stessa macchina , la storia del riscatto sociale si è fermata ai simboli del benessere moderno, reso possibile da prestiti finanziari apparentemente più indolori della rinuncia. Il mondo resta sfruttato, vessato, abusato , con un unico orizzonte di senso : il consumo . Gramsci andrebbe riconsegnato ai giovani, col suo pessimismo della ragione e ottimismo della volontà. Aveva creduto nella forza della cultura , fino a pagare per questo con la sua vita. Cultura come progettazione possibile di futuri alternativi, capace di pensare al non ancora, per ridisegnare il profilo di un uomo che ha una dignità, non un prezzo. Solo la cultura può aiutarci a vedere che ciò che c’è non è tutto. Cultura come via di fuga dal presente. Se Kant ci vedesse oggi : l’illuminismo aveva significato l’uscita dalla minorità ,vista come ciò che faceva accettare dogmi e falsi miti, tutto ciò che tiene in ostaggio l’intelligenza . Ha avuto più fiducia nell’essere umano di quanta ne meritassimo. Il suo epitaffio “il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”, non si è mai realizzato nella prassi umana. La sua filosofia esorta ad avere il coraggio di servirci della nostra intelligenza. Coltivare il libero pensiero è coltivare la nostra umanità, ma ha anche una ricaduta sociale fondamentale, un po’ come la salute. Esistere vuol dire essere possibilità sempre aperta, le cose non sono mai così difficili da non osare farle, è il non osare farle a renderle difficili. Il capitalismo è profitto privato, non può essere benessere sociale, e quando arriva a danneggiare il bene comune va frenato. L’etica non può essere solo etica di mercato, non ci si può accorgere che il mondo va male solo per lesa maestà. Ai giovani va ricordato che il loro fare deve trovare il modo di imporsi su chi ha già fatto, perché dopo i 30 anni siamo tutti sopravvissuti : si sa che si nasce incendiari e si finisce pompieri . A loro, le ultime parole della giovane Antigone dette a suo zio Creonte, che le provò tutte per sedare la sua sete di giustizia :” Non mi avrai Creonte, né domata, né persuasa”. Antigone morirà per questo, in nome dell’amore che non può che vincere sulla legge degli uomini , tanto che dopo 2500 anni , il suo gesto resta il più nobile paradigma di chi invocando la giustizia divina, riesce a mostrare tutta la pochezza di quella umana. Se la verità non conta più , l’amore diventa il grande assente del nostro tempo. L’ Occidente nasce su due giganteschi tentativi di ricerca della verità : la grecità e il cristianesimo , due filosofie con lo stesso apparato concettuale al cui vertice signoreggia la questione del fondamento veritativo. Un canto gregoriano recita :” dove c’è verità e amore lì c’è Dio” che non è necessariamente quello cristiano, ma qualsiasi punto dell’essere dove la bellezza incontra il sublime. Chi si dice ateo, agnostico, non credente non si avvede che il cristianesimo prima di essere una religione è un inconscio collettivo, è un’antropologia culturale, per cui nessun occidentale può rinunciare alla ricerca della verità , senza rinunciare a sé stesso. Vale per la stessa filosofia , perché anche chi volesse negare o solo criticare la filosofia dovrebbe filosofare , per poterlo fare , accorgendosi che al di là degli elementi intellettualistici , la filosofia si fa vita. Le filosofie quando sono vere, portano tutte dalla stessa parte, dai grandi sistemi filosofici ai più piccoli pensieri . Dire verità è dire amore, vale tanto per la filosofia , che si traduce come amore per la conoscenza, quanto per la fede cristiana che è amore per definizione . Ma l’intelligenza umana può accontentarsi della fede? Cercando tra i sinonimi di VERITA’ il vocabolario suggerisce la parola vangelo , ma anche giustezza , sincerità ,autenticità. Possiamo veramente fare a meno dell’amore tanto quanto della verità , se l’obiettivo è restare umani? EDITH STEIN : non accettare nulla come verità che sia privo di amore. E non accettare nulla come amore che sia privo di verità. Quello che credo non lo so , perché credere è volontà che tenta di sopprimere l’essere , senza poterci riuscire , tanto che l’ottenuto non è mai il voluto . La volontà di potenza che ci abita, nel suo tentativo di trasformare il mondo lo patisce , che cos’è altrimenti il dolore ? La volontà del mortale” vuole volere”, ma volere significa creare l’essere , ciò che ancora non c’è. Ma ciò che ancora non c’è è nulla e il nulla non potrebbe mai divenire qualcosa . Ignorare il PDNC fa esplodere il sistema logico : essere fuori dal logico colloca nel patologico. Volendo entrare in un’attenta disamina del nostro reale o anche facendo semplici incursioni random su quanto ci viene all’orecchio dal mainstream , è il logico o il patologico il paradigma reale del moderno sistema vita? In realtà quello che noi crediamo va indagato, ogni credere non crede al credere , sa che sullo sfondo troverebbe il dubbio non la verità: sic et simpliciter.
ANNA FERRARO