Sono riprese in questi ultimi mesi le discussioni sulla possibilità di riaprire le case di appuntamento chiuse con la famosa Legge Merlin. Per la precisione l’attenzione sull’argomento l’ hanno richiamata soprattutto alcune professioniste del settore che, attraverso servizi televisivi di approfondimento, si sono appellate alle istituzioni per chiedere di esercitare l’attività legalmente, cioè con tanto di partita IVA e denuncia dei redditi.
Il confronto è tra chi ritiene che comunque non vada legalmente riconosciuto il mestiere più vecchio del mondo in quanto trattasi di vero e proprio mercimonio non tollerato dall’etica e dalla morale cristiana e quanti invece, pur di eliminare lo squallido spettacolo cui siamo costretti ad assistere, soprattutto ai bordi delle periferie urbane e ridurre drasticamente il fenomeno dello sfruttamento il cosiddetto pappismo, ritengono che sia opportuno ripristinare la legalità in un settore oggi assolutamente fuori controllo.
A favore di questa ultima posizione si sono schierati anche quanti ritengono che con la legalizzazione si recupererebbero molte risorse perché comunque l’attività andrebbe soggetta alla tassazione fiscale e maggiore garanzia di igienicità e salubrità.
Noi non ci schieriamo, ci limitiamo a dire che le due tesi contengono ognuna validi motivi per ritenerle valide o il contrario, per i più giovani ci limitiamo a pubblicare qualche documento sull’argomento risalente ai primi anni cinquanta.