Il dialogo vero nasce dalla consapevolezza che quello che sappiamo non è abbastanza . E’ solo facendo i conti con i propri limiti che la dialettica diventa strumento filosofico e non saccenza o chiacchiera colta. E’ scomodo incontrare sè stessi fuori dalla propria comfort zone, ci fa sentire fragili, ci collega alla nostra vulnerabilità ,ma è anche vero che le nostre certezze, soprattutto se mal riposte, ci costringono in spazi agorofobici, che impattano sulla nostra volontà con molta più spietatezza di quanto possa fare l’onomatopeico stridere delle sbarre di una prigione, da sempre paradigma della peggiore forma di perdita della libertà. Le stesse ideologie , da cui crediamo di poter evadere ,operano una sorta di coartazione al nostro pensiero libero, al nostro vero intelligere. Siamo tutti assuefatti ai nostri spazi di pensiero, chiusi nelle nostre convinzioni : un vero e proprio corto circuito, a difesa di un retaggio culturale che crediamo non vada scalfito, anche in nome della fatica spesa a costruirlo. Neanche lo ascoltiamo l’altro, se non per il tempo che serve a noi , per poter dire la nostra. Abbiamo la vita più comoda di sempre, wifi, maxischermo, pc, smartphone, aria climatizzata, Netflix, perché cambiare idea? Perché non dovremmo aver ragione? Perché il mondo dovrebbe sembrarci ingiusto? Perché voler fare la rivoluzione ? Perché dovrebbero sconvolgerci le politiche genocidarie di Netanyahu, ? I potenti hanno sempre fatto scacco matto ai popoli minoritari. L’Inghilterra con Lawrence d’Arabia, lo ha fatto per il petrolio, Leopoldo II del Belgio lo ha fatto in Congo per il caucciù, oggi Trump vuole le terre rare dell’Ucraina. La stessa Chiesa cristiana , quando si è accorta che la preghiera non era abbastanza per conquistare nuovi spazi e con essi altre anime, è partita per guerre sanguinarie, che chiamarle sante mette in seria difficoltà la nostra autostima, prima ancora che l’eventuale risonanza emotiva. La logica sottesa di ogni intelligenza in Occidente, è quella della possibilità, un paradigma per cui nulla è impossibile. Ogni nostro pensare e sentire dimentica che la logica non è l’evidenza, ma è già una teoria dedotta dall’esperienza, è già oggetto del pensiero umano, non può essere fondamento, manca di originarietà ontologica per poter essere anapodittica, principio primo. E’ l’essere che in quanto fondamento ,impone la logica come suo strumento e non il contrario. Il possibile è volontà di potenza, per la logica del possibile tutto è oltrepassabile dalla volontà. Il possibile non può affermare il perchè, tutti però siamo servi del sé: la scienza, il senso comune ,la stessa filosofia .L’incoerenza del nostro pensare non è stata risolta dalla filosofia tout court, a dirla tutta è lo stesso Aristotele a fondare il ragionamento sulla logica a cui dedica ben sei opere . Poi arriva la” Struttura Originaria” di Emanuele Severino, che mostra tutta la follia di un Occidente che si crede libero dalla necessità dell’essere , senza avvedersi che il possibile riesce a porsi solo perché si muove già in tale necessità , che lo fonda, determinandolo come possibile. Tanto il senso comune, quanto il buon senso, si muovono nella logica della possibilità dell’essere. Ma la possibilità è solo possibile, quindi fallibile, siamo sempre nel nichilismo. Che il buon senso sia buono, di fatto non appare , fuori dalla necessità manca quella forza ontologica che è propria dell’apparire (non parliamo di un apparire visivo, ma di ciò che appare alla coscienza ). Per cui tanto il buon senso ,quanto il senso comune, restano infondati. Il possibile, per essere è costretto a negare la necessità, che per contro è ciò che lo pone nella sua determinatezza. Quindi il possibile è contraddittorio in sé, nega se stesso in actu exercito ( di fatto). La metafisica del possibile è inautentica , vuole negare l’esser sé delle cose, l’apparire, o necessità dell’essere, ma lo può fare solo apparendo. Oggi più di sempre serve un’eroica resistenza filosofica, come atto di civiltà ,che dopo aver diagnosticato un reale orribile, dia le istruzioni d’uso per combatterlo. La filosofia nasce come proposta di legislazione comunitarista, non è solo testimonianza, non serve solo a consolare. Quando il logico non sembra essere abbastanza, è perché manca di qualcosa di più profondo, che lo ingloba : il pensiero non è manifestazione delle nostre idee, è il modo in cui il reale si manifesta. L’essere si rivela apparendo nel pensiero e non viceversa. Nella filosofia Severiniana, volere , pensare, parlare, sono modalità dell’apparire dell’essere . Il tempo è il mostrarsi dell’infinito essere al finito ente , che partecipa della stessa eternità. Questo è il punto massimamente lontano dal cristianesimo, non c’è vera escatologia, tutto è salvo da sempre ma non ancora, perché tutto ciò che non appare più non diventa non essere, ma ciò che è eternamente apparso, per questo salvo da sempre e per sempre. La salvezza è dal mortale ,non del mortale, che è parte di una verità a cui è relato per necessità, quindi eternamente. L’apparire per Severino è ciò che appare della coscienza non alla coscienza.E’ una filosofia difficile, controintuitiva, che rimette in discussione 2500 di pensiero umano,( Cacciari la definisce per questo una gigantomachia ). Ma quale sforzo intellettuale non lo è, ogni nuova conoscenza ci sposta dal sapere stabile, dallo stante, da ciò che si afferma come epistemico. Lo studio di nuovi sguardi sul mondo, apre a nuovi orizzonti di senso, è una forma di educazione irrinunciabile, anche se ci rimette sempre in discussione, a dispetto del retaggio di conoscenza acquisita. Se non conosciamo Eraclito campiamo lo stesso, ma magari senza consapevolezza che il dialogo rispettabile è quello che da ragione al logòs e non agli interlocutori : la verità non ha bisogno di testimoni, si afferma da sé. Tanto che la logica di cui si vanta il sistema tecnico scientifico , modello unico sotteso a qualsiasi prassi umana, comincia a mostrare tutta la sua contraddittorietà , anche per quelli meno attenti , che credono di vivere nei migliori dei mondi possibili. La narrazione spinge sulla nostra sede emotiva , non su quella razionale, come farebbe a parlare di un mondo globalizzato dominato da un pensiero unico. La vera globalizzazione ,il cosmopolitismo è molteplicità, pluralità, rispetto delle differenze, l’opposto del pensiero unico; nel nostro reale ogni cosa è inglobata in una rete che risponde alla ragione della forza . Se la forza della ragione è solo un mito, anche la verità lo è, lo sono anche le leggi morali, l’etica e la civile convivenza. Se la verità non vale più, la ragione perde il suo fondamento ontologico e le differenze diventano emblema del minoritario, e non identità di pari legittimità, il cui riconoscimento richiede l’uso della nostra intelligenza migliore . Il relativismo quando dice che non esistono verità assolute sta dicendo che il suo stesso dire manca di fondatezza , è una filosofia ingenua che negando la verità nega sé stessa ,invalidando il suo stesso dire. Negare il fondamento ontologico dell’essere apre al nichilismo, l’Occidente in questo modo entifica il nulla e nullifica l’essere. Il riduzionismo scientifico ,rende tutto questo” sistema” : scegliere alcune evidenze è comunque una riduzione di campo, è interpretazione e non descrizione dell’oggetto di studio. E’ una scelta, quindi volontà, che qualcosa sia o non sia verità. Se tutto è storicamente prodotto, tutto è processo, tempo, diacronia, non c’è più l’originario, non c’è fondamento, non c’è più modo di distinguere il bene dal male, la condanna alla guerra non ha più alcuna base ontologica su cui fondarsi , tanto da tollerare la violenza , che via via si appresta ad occupare l’intero spazio della civiltà , come necessaria al moderno vivere .Questo nullifica qualsiasi sapere ,nessuna cultura può dirsi tale se non riesce a produrre steresi tra ciò che è bene e ciò che non lo è: nulla ha più senso se non incontra il nostro consenso, neanche la verità : paradigma assoluto di ogni sapere. Il nostro tempo si dice progressista, ma si serve di una dinamica che scivola vero l’atavico. La scena tra Milei e Musk del motosega, ci riporta al primordiale, alle pulsioni primigenie, da cui l’uomo per secoli si è allontanato per emanciparsi dalla sua animalità. Oggi c’è un movimento al contrario, c’è un ritorno al primitivo, anche se come diceva Hegel “ la seconda volta è una farsa”: il leone che imita il leone diventa una scimmia. Non sarà certo un personaggio come Milei a poterlo smentire. Basterebbe osservare con attenzione il fare dei moderni detentori del potere , per amare la filosofia : l’uomo è pensiero, chi lo dimentica rischia di ritornare ai tratti di un umano arcaico che oggi non può essere più giustificato come qualcosa che assomigli alla naturalezza , ma all’ arbitrarietà ,alla mancanza di responsabilità ,a un naufragio della vera intelligenza. Fare filosofia è un vero e proprio atto di resistenza civile, è fare ricerca del significato dell’intero, ricerca del significato complesso , dell’essere come àpofansi, come identità originaria: ciò che viene dedotto già non è vera metafisica, non è tautòtes ( identità), quindi di facile manipolazione . Shakespeare dice “ Quando la tua anima è pronta, lo sono anche le cose. Sta a noi promuovere un risveglio della nostra coscienza per vedere che il reale è solo il suo contenuto e non viceversa. Se la verità non esiste, la morale non mi serve, la critica ai moderni tiranni, la condanna alla guerra, restano senza verità. La verità non è una conquista, è l’esser sé delle cose, il darsi stesso dell’essere nella sua necessità, il resto è interpretazione. Qui la nostra officina si apre di buon grado a tutte le critiche , ma anche a tutti i pareri ; Hegel per giungere a una sintesi degna del momento speculativo ,suggerisce che il movimento sia anabatico : salire verso nuove conoscenze ,nonostante le vertigini previste per le alte vette, anche se il baricentro dovesse spingere verso le basse mete del pregiudizio, che non ci dà formicolio allo stomaco, ma neanche ci gratifica. Il pensiero umano merita di essere spinto fin dove sente di poter arrivare, la religione per quanto consolatoria , non può fermare quell’interrogarsi dell’uomo sul senso della vita, non solo per il basso contenuto razionale del cristianesimo, ma perché stare in quella domanda è l’unica postura degna di un uomo che si dice sapiens, proprio per la sua capacità di trascendere la sua stessa natura. Il pensiero vero nel credente resta vittima della volontà : credere è volontà non verità. Non possiamo veramente mentire a noi stessi, la nostra menzogna per determinarsi deve apparire ,vorrebbe negare l’essere di cui è già parte ,ma può farlo solo apparendo ,riconfermando quella verità che vorrebbe negare senza poterci riuscire, perché ogni tentativo di negazione presuppone già (implicitamente)ciò che nega . Dall’essere non si entra e non si esce . L’ESSERE E’, non si fa e non si disfa: semplicemente E’. Non è così ovvio ,visto il nichilismo al fondo dell’inconscio del pensiero occidentale , non quanto sembra esserlo il divenire, o la finitudine : l’ovvio è un enfant terrible, non va contemplato ma indagato. Questo è il compito della filosofia. Aristotele nel libro A della metafisica scrive “ La filosofia non è serva di alcun sapere : la filosofia è il sapere” .Proprio come la verità non è mai un possesso dell’uomo ma della verità stessa, non è una conquista, non è da cercare, da trovare, da produrre, è ciò che è e non può non essere, per necessità ontologica, non per arbitrio. Il sapere non è una sorta di priorità, non è solo una scelta, come quella di avere gli addominali : è il nostro saperci animali, che ci fa smettere di esserlo, e credetemi sulla parola : non è una teoria complottista, anche se lo spirito del tempo la rinnega. La vera conoscenza non si ferma al fenomenologico , ma coglie la notizia dell’essere, della vera identità : è ciò che ci fa intelligenti. Quando Archimede esclama “ EUREKA “, non è che inventa l’omonima legge della fisica, ma accoglie nella sua coscienza una verità che si mostra da sé e da sempre . Che un corpo subisca in acqua una spinta pari al peso dell’acqua che sposta, non è un fenomeno che avviene per volontà di uno scienziato, per quanto geniale come Archimede , ma è il darsi della cooriginarietà tra essere e apparire, è la verità che si mostra da sé, in quanto manifestazione dell’essere. Archimede è grande per averla colta , non per averne fatto una legge .Negare il fondamento ontologico dell’essere , non è solo un errore logico, è negare la possibilità di accedere al vero sapere ,è aprire al nichilismo: l’esatto contrario di fare i conti per davvero con tutto quello che non sappiamo, con libertas philosophandi e non usando un pensiero già pensato.
ANNA FERRARO