Gent.mo Direttore,
ho letto e riletto “TEANO E I SUOI CAHIERS DE DOLÉANCES” e non posso far altro che concordare ogni parola, ogni punto e/o virgola. E lo dico con una punta di tristezza e di malinconia. Emozioni tipiche di chi è consapevole di combattere una guerra contro i mulini a vento. Di chi, al sicuro tra le proprie mura, si continua a chiedere: “Ma chi me lo fa fare?”. Sono solo un umile scrivano, al servizio della collettività, intento ad ascoltare i vari malumori, nel tentativo poi, forse maldestro, di riorganizzarli in qualche articolo.
Taluno, infastidito di qualche mio scritto, mi chiede, tramite “terzi a me molto vicini”, il perché di quelle mie parole. Neanche il coraggio di dirmelo di persona! Andando contro le mie stesse volontà, pur conoscendo bene dove sarei andato a finire, ho provato mio malgrado a porgere l’altra guancia, tendendo ingenuamente la mano. Non è servito a nulla. Chi nasce tondo, non muore quadro. E così, quella ostentata “noncuranza”, da Lei sapientemente citata, è diventata per me certezza. Non poteva essere diversamente.
Aimè, oggi, la politica si fa solo e soltanto a colpi di like, nella irrefrenabile corsa di dimostrare al popolo, che il proprio indice di gradimento è alto. Su questi maledetti social, la “nuova droga 4.0”, si decantano le proprie gesta, dimenticando per un attimo che “sei in quel posto, con tutti i vari compagni di merende occasionali e non, per fare questo”. Non si è fatto sulla di eccezionale se si è avviato un servizio fermo da anni, o si è scesi in prima linea a combattere un virus.
Come il mago Silvan, noto illusionista italiano, ogni giorno dal cilindro vien fuori una nuova diavoleria, tra gli “ohhhhhhh” dei fedelissimi e gli “ah ah ah ah ah” di quanti, fino a ieri, facevano la medesima cosa. Ma va bene così. È la sceneggiatura che lo impone.
Sarò sincero, altrimenti il titolo di quest’articolo non avrebbe senso. Pur non avendolo votato, avrei preferito continuare a vedere il dott. Claudio, a tirare le fila dell’opposizione. La mia, una stima quarantennale nei suoi confronti.
Stavo per scrivere “minoranza”, ma poi me ne son guardato bene dal farlo, attesa la circostanza che oggi, una vera minoranza non c’è. Ad onor del vero, neanche la “maggioranza” si è mai vista. Sembrerebbe, secondo fonti ben accreditate, che nel nostro Comune vi sia una sorta di forma di dittatura democratica, incentrata sulla regola, un tempo “di – benedettina”, del “potete fare liberamente quello che dico io”.
Regola tutt’ora in vigore nel Feudo!
Gli attori, del melodramma in corso, ritengono di aver licenza di passare da uno scranno all’ altro, incuranti della volontà del popolo. Un popolo, apatico, incline alle lamentele ed al disfattismo. Un popolo muto e rassegnato, che vive nell’attesa di vendere la propria anima alle prossime elezioni, per meno dei famosi “trenta denari” di Giuda. Prima che il gallo canti, saranno pronti a rinnegare per ben più di tre volte. Ma non importerà: saranno animati tutti da buoni propositi.
Come mi scriveva un caro amico ogni fine anno, al termine dei suoi consueti auguri:
Non si può scegliere dove nascere, ma si può decidere di morire stimati.
FeudoDiViaAnfiteatro, Agosto MMXX
Luciano Passariello