Un altro anno è volato via lasciando un po’ di amaro in bocca.
Il tempo è l’età che cammina rapidamente, tante cose si sono avverate. Favolose, allegre, malinconiche.
Il percorso della vita è fatto così. Familiari, amici, compagni di scuola che partono per il lungo viaggio e non tornano più. Ecco che arriva l’oblio; la quiete.
Amori, amori finiti, amori intensi o forse a volte mai esistiti. Amicizie, vecchie e nuove, nate dal nulla, consolidate giorno dopo giorno nel quotidiano, nel comune d’intenti, forse, è questo il bello della vita.
Un altro anno da ricordare con tutti gli eventi, le gioie, l’allegria delle feste, le urla. Poi la stasi; arriva l’inevitabile momento dei ricordi…dei dubbi e delle incertezze… della nostalgia; si della nostalgia ”canaglia”. Gli sgomenti sono tanti, le ansie tantissime, dopo ancora il sereno… Viviamo in questo altalenarsi di emozioni, viviamo regalandoci piccole gioie viviamo si…è vero, ma come? Forse è meglio non chiederselo e dire: l’importante è vivere.
La vita evolve sempre di più, siamo continuamente alla ricerca di cose che ci rendano felici, anche se in realtà la felicità non esiste. Esiste il piacere, la serenità, la gioia; cioè l’appagamento della vita. La felicità è un’effimera chimera, la si può sfiorare, ma mai catturare.
In sintesi viviamo di emozioni; le emozioni che sono componenti fondamentali della nostra vita, da esse, sovente, traiamo gli stimoli che muovono le nostre giornate. Seppure ogni singola emozione sia importante e permetta a chi la sperimenta di sentirsi vivo, l’uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, in sintesi è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato stupidamente felicità.
Si, è vero, le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita, danno colore e sapore all’esistenza ma nel contempo pericolose perché spesso producono turbamento e conflitto e non sono mai totalmente controllabili.
La felicità a volte la descriviamo come contentezza, soddisfazione, tranquillità, appagamento, a volte come gioia, piacere, divertimento.
Gli stati d’animo positivi possono influire in modo considerevole sia sul comportamento sia sui processi di pensiero.
Vi ricordate il film “la prima notte di quiete”? La notte che simboleggia la morte. Perché la morte è la prima notte di quiete? Perché finalmente si dorme senza sogni!
Goethe nel sunto concettuale di una lirica “il canto notturno del viandante” recita:
Su tutte le vette
è pace;
In tutte le cime degli alberi
Senti un alito
Appena;
Gli uccelli sono muti nel bosco.
Attendi ora. Presto
Avrai pace anche tu.
La morte è un precipitare nel nulla, è un cessare di ogni sensazione, quasi come un sonno in cui nulla si vede. Se si riflette in una di quelle notti in cui si è dormito profondamente senza nulla vedere, neanche lo stesso sogno, e si raffronta alle altre notti e giorni della propria vita per stabilire quante notti e giorni si sono vissuti meglio e più dolcemente di quella, immagino che l’uomo troverebbe queste ben poco numerose rispetto alle altre. Se tale dunque è la morte, gran beneficio essa è, perché allora l’infinito tempo è una sola e unica notte.
Beati gli stolti, loro non si pongono queste domande, non si chiedono il “perché della vita”.
Mario Biscotti