Tradurre non è un mestiere facile. Lo vivo in prima persona. Si ha a che fare con "falsi amici", modi di dire, giochi di parole non sempre riproducibili. E’ Il caso del libro della scrittrice-cuoca tailandese Saiyuud Diwong “Cooking with poo” che tradotto significa “Cucinare con la cacca”.
In realtà, il titolo è frutto di una sfortunata idea “multilinguistica” dell’autrice: infatti “poo” in tailandese significa granchio, e per illustrare al lettore di lingua inglese che si parlava di cucina tailandese, e di proprio quella varietà di granchi dell’area (perché altrimenti il risultato culinario non sarebbe lo stesso) la Diwong ha deciso di usare il termine tailandese. Con risultati non ben auguranti.
Ma, signori miei, non è l’unica genialata libresca a cui siamo stati messi di fronte. Esistono anche:
“Estonian Sock Patterns All Around the World” (all’incirca “I modelli di calzini estoni in tutto il mondo” di un certo Aino Praakli),
“The Great Singapore Penis Panic: And the Future of American Mass Hysteria” (traducibile con “Il grande terrore da pene di Singapore e il futuro dell’isteria di massa americana”, di Scott D. Mendelson),
“A Taxonomy of Office Chairs” (“Una tassonomia delle sedie da ufficio” di Jonathan Olivares)
“The Mushroom in Christian Art: The Identity of Jesus in the Development of Christianity” (“I funghi nell’arte Cristiana: L’Identità di Gesù nello Sviluppo della Cristianità” di John Rush).
“A Century of Sand Dredging in the Bristol Channel: Volume Two” (“Un secolo di dragaggio del canale di Bristol: Volume due”, di Peter Gosson – Cioe’, di questo esiste anche un VOLUME UNO,,, roba da matti)
Maggio è il mese del libro, ma …
quanto tempo dedichereste alla lettura di una di queste opere? Non so voi, ma a volte,,,
il tempo è davvero tiranno
Maria Flora Grossi