Qualche giorno fa avevo preparato un articolo per ricordare, a distanza di sei anni, il caro Tonino. Iniziava così: Era il 2 dicembre 2018, quando di buon mattino la notizia funesta era stata ormai battuta ovunque. Stentai a crederci. Non poteva essere vero mi dissi. Ahimè qualche amico comune ebbe premura di avvvisarmi con una telefonata. Restammo in silenzio, senza la forza di dire nulla.
L’8 dicembre, quasi per una coincidenza beffarda della vita, appena sveglio apprendo della dipartita del fratello Paride. Ero legato a lui da un rapporto di amicizia. Amavamo prenderci affettuosamente in giro. A Natale ci scambiavamo gli auguri come si confà tra due vecchi amici. I suoi sfottò sul mio limoncello, erano mirati ad accaparrarsi una bottiglia. Gliene portavo sempre una con piacere. Oggi, mio malgrado, mi ritrovo a rimodulare quello scritto, prendendo in prestito un post FB di Marco.
“Il dolore si trasforma, la vita va avanti, diversa, ma va avanti, perché i primi giorni pensi di morire, poi mano mano ti abitui e, fai spazio al tuo nuovo compagno di viaggio, un dolore che ti accompagnerà per il resto della Vita”.
Quel dolore lo conosciamo bene. Da tempo è anche nostro compagno di viaggio. I miei mi hanno lasciato nel mese di dicembre anche loro. Una mia cuginetta, ad appena 6 anni, se ne andò la vigilia di Natale investita da un’auto in corsa, mentre se ne andava sulla sua biciclettina lungo una strada della California. Oggi avrebbe la mia stessa età.
Ho sempre odiato questo mese. Oggi lo odio ancora di più. Quelle luci, quei suoni mi rimandano a tristi ricordi, indelebili nella mia mente.
Teano sente la mancanza di quella penna “sferzante”. Quella stessa penna che correva sul foglio era ora bastone ora carota. Sempre con garbo, mai fuori dai toni. O come gli avrei detto per farlo incazzare, “quasi mai’. Consapevole che quella incazzatura sarebbe passata di lì a breve.
Con Paride, il rapporto di amicizia era più o meno simile. Più di una volta ho avuto modo di incontrarlo in ambito lavorativo. Spesso veniva come consulente presso la multinazionale in cui lavoravo. Sempre professionale, cercava in tutti i modi di mantenere l’atteggiamento del consulente. Inevitabilmente finivamo in una marea di risate. Almeno io non riuscivo a trattenermi.
Caro Tonino, questi anni senza di te sono stati lunghi e tristi. Siamo lentamente sprofondati nel baratro, ed ormai non si raschia nemmeno più il fondo, perché non c’è nulla da grattare. A distanza di sei anni, come avviene ogni anno, mi sarei aspettato un tuo ricordo da parte degli Amici. Ma come si dice: passato il Santo, passata la festa. Così ho deciso di riprendere carta e penna e provare a fare quello che tu mi hai insegnato, come se fossi un tuo alunno. Scrivere.
Posso solo immaginare la scena, quando avrai accolto tuo fratello a braccia aperte, con quello sguardo leggermente burbero rigato da qualche lacrima mista a tristezza e gioia. Chi ti conosceva bene sapeva benissimo che sotto quella scorza, si nascondeva un cuore nobile. Come allora, oggi Teano si è svegliata attonita alla notizia. Un cielo grigio ci ha reso ancora più tristi. Quella pioggerellina fastidiosa ho immaginato essere formata dalle lacrime di quanti hanno voluto bene al caro Paride. Non è per piaggeria, ma anche lui sapeva farsi volere bene da tutti, con quel sorriso che nascondeva una grande malinconia, portata dentro con una grande dignità. Solo i grandi sono in grado di farlo.
Quando avevo modo di confrontarmi con il mio direttore, non mi dava mai “la soluzione” o “la risposta esatta”. All’inizio non riuscivo a comprendere. Poi riflettendoci bene capivo che quello era il suo modo di “indicarmi la strada”, senza mai imporre il suo pensiero. Semplicemente mi dava gli strumenti per “arrivare da solo” alla soluzione. Un altro grande. Sarà nel vostro dna.
Qualche volta ripenso al giornale. Al lancio del TG. Ai primi servizi. Alla preparazione della scaletta e degli argomenti da trattare. All’edizione cartacea. Allo scambio continuo di telefonate, email, messaggi. Coordinare “quei dilettanti allo sbaraglio” non doveva essere facile. Quella sfida contro tutto e tutti l’hai egregiamente vinta.
A Paride ho sempre invidiato “a vesparella rossa”. Da ragazzo ne avevo una simile. Una 50, con il faro rotondo, che fu poi venduta. Mi sfotteva perché la sua era di cilindrata superiore. Quando la cavalcava per le strade di Teano, tutti si giravano ad ammirarla. Era uno dei suoi vanti.
Vorrei scrivere all’infinito, ma non mi è consentito. Dalla sua nuvoletta Tonino mi avrebbe lanciato i suoi strali e cazziato. “Professò quest’articolo è troppo lungo. Taglia” . E subito dopo sarebbe partito il “pippone” su come scrivere un articolo. “Poche righe, piene di significato. Devi dire e non dire” ……
Il mio articolo originale riportava:
“Vabbè Tonì a quanti ti hanno voluto bene e stimato, immagino e spero farà sicuramente piacere questo mio tuo ricordo. Qualche lacrima certamente solcherà qualche volto. Arrivata sulle labbra farà sentire tutta la sua amarezza. Eh si, questo hai lasciato. L’amaro in bocca a noi tutti e prim’ancora ai tuoi cari. Non ci hai dato tempo di capire, di realizzare. Come un déjà vu queste righe mi riportano indietro negli anni, facendomi vivere emozioni e sensazioni contrastanti.”
Dicembre, mese funesto e maledetto!!!
Non sono riuscito a piangere quando sono morti i miei genitori. Prima babbo, il 17 dicembre, anni dopo mamma il 14. Quando se n’è andato Tonino non ho avuto il coraggio di andare alle sue esequie. Lo stesso ho fatto per te Paride. Sono certo mi perdonerai. Voglio ricordarvi tutti con un sorriso, da non associarsi a tristezza.
Il dolore che accompagna una “partenza”, scava dentro. E scava, scava, scava. Lo fa in silenzio, andando in profondità fino ad arrivare al cuore. Lo apre senza bussare con il passepartout. E cosa trova? Trova il ricordo di un amore. Di un’amicizia. Di una sofferenza unita a tormento che non puoi condividere con chi ti sta intorno. Perché agli occhi dei tuoi cari sei una roccia a cui tutti si aggrappano. Ed allora devi essere forte per forza. Perché le rocce non piangono. Almeno davanti a tutti.
Sempre quello stesso articolo finiva così:
“Tonì, Mo, vatt a cuccà s’è fatto tardi.
Come dici?
Ah, lassù non esiste il sonno?
Siete sempre operativi?
Uanm ro priatorio, sai che scassacazz si addiventato?”
Con infinita tristezza, ho aggiunto;
Paridù la tua bottiglia di limoncello era pronta. Come sempre te ne avrei portato anche una vuota. Mi avresti detto:” uhhhh. Ma tiene semp’a stessa capa?”. E così dopo gli auguri di rito, tra baci ed abbracci, ti avrei dato quella piena, tra le tue sghignazzate. Oggi quella bottiglia vuota la conserverò così com’è nel mio cassetto dei ricordi.
Alla famiglia Guttoriello, esprimendo il sentimento di Teano tutta, arrivi il mio più affettuoso abbraccio.
Tonì, Paridù, statev bbuono. M’arraccumann
Luciano Passariello