A ben vedere la trattativa è ripartita ieri al ministero dello Sviluppo, dopo essersi bruscamente interrotta due giorni fa e qualche timido «passo in avanti» viene ravvisato da tutte le parti in causa: azienda, sindacati e i presidenti delle regioni coinvolte. L’altra novità la scandisce al termine dell’incontro (e in una conferenza stampa improvvisata) il titolare del dicastero, il veneto Flavio Zanonato, accusato nei giorni passati di aver recitato un copione un po’ troppo dimesso: «Faremo un incontro con il premier Letta».
LO SPAURACCHIO – La vertenza Electrolux e con sé lo spauracchio di una riduzione degli stipendi degli operai di circa il 50%, determina a tutti gli effetti il coinvolgimento della presidenza del Consiglio. Una pre-condizione che serve a calmare gli animi dei sindacati, ma non dei lavoratori che anche ieri a Forlì hanno organizzato scioperi e presidi. Soprattutto tranquillizza le Regioni che sostengono in toto la posizione della governatrice del Friuli, Debora Serracchiani che subordina la trattativa – il 17 febbraio è previsto il prossimo incontro al ministero – «al mantenimento di tutti gli stabilimenti». Ma il nodo è proprio qui e verte tutto intorno all’impianto di Porcia, dove si producono lavatrici a un costo troppo alto (24 euro contro i 6 della Polonia).
L’IMPIANTO – L’azienda non lo dice apertamente, ma i sindacati denunciano che è stato sacrificato (e con sé gli oltre 1.100 lavoratori) senza troppe remore. Fonti aziendali invitano a rovesciare la prospettiva: il problema non è Porcia, ma quello che si produce nell’impianto. A suffragare la tesi ieri un curioso siparietto dell’amministratore delegato di Electrolux, Ernesto Ferrario, che ha mostrato un volantino di un megastore reclamizzante lavatrici a 199 euro. Come dire: così non andiamo avanti. Ad ogni modo l’azienda ha presentato un piano che non si scosta dalla riduzione di tre euro per ora lavorata e dalle 30 ore settimanali (sei per cinque giorni), ma si dice disposta ad immaginare un taglio minore sul salario dei lavoratori a patto che venga compensato da altri strumenti. La domanda è capire quali e la mediazione della politica servirà proprio a individuarne alcuni (si parla di una de-contribuzione dei contratti di solidarietà per ridurre il cuneo previdenziale). Zanonato è stato però netto: «L’azienda non ci ha convinto». Soprattutto se il negoziato verte solo sul costo del lavoro e non sulle prospettive industriali. Perché – dice – «con i salari polacchi chiudiamo tutte le aziende italiane».
Fonte: Corriere.it
di Fabio Savelli