Teano, che per l’Italia è la città dello Storico Incontro, per chi la vive è anche la città dello “Storico Scontro” tra il centro e le frazioni.
E’ vero che ogni mondo è paese e che certi attriti esistono un po’ dovunque ma è pur certo che a Teano il problema si sente molto e che genera un certo squilibrio nella vita politica e sociale dell’intero Comune.
Chi avrà ragione? Gli abitanti delle frazioni che lamentano una sorta di emarginazione o quelli del centro che asseriscono di subire un ingiustificato atteggiamento ostile nei loro confronti?
Come in ogni cronico attrito, forse nessuno ha ragione e nessuno ha torto ma molti aggiungono il loro contributo alla ruggine e quasi nessuno mira a riavvicinare le parti.
Comunque un responsabile c’è, o meglio, un qualcosa che ricalca, sottolinea, rigira il coltello nella piaga: è la parola frazione.
Questo termine, che purtroppo è l’unico che correntemente utilizziamo, ha ragion d’essere unicamente per il freddo e categorico linguaggio amministrativo. Deriva dal verbo latino frangere che sta per: spezzare, rompere, abbattere (vocabolario di Latino Castiglioni-Mariotti), insomma, fa proprio al caso nostro: le frazioni sono dunque una disgregazione con rottura proprio per definizione.
L’analisi del problema ci porta quindi alla consultazione del dizionario dei sinonimi, che ci suggerisce come sola alternativa il termine BORGO e che per il dizionario Treccani vuol dire centro abitato di media grandezza e importanza oltre che estensione della città fuori dalle antiche mura.
In realtà il borgo dà l’idea di una realtà abitativa più prossima alla città, un po’ come la stessa Borgonuovo o il Borgo Sant’Antonio Abate che una volta era appena staccato per un brevissimo tratto di spazio vuoto che oggi non è più tale, mentre frazioni come Fontanelle o San Giuliano sono ubicate a distanze ben più lunghe. Ma è pur vero che, a prescindere dalle distanze, lo stesso termine borgo attribuisce una propria identità culturale e di tradizioni ad ognuno di questi centri abitati.
In definitiva, per
Gerardo Zarone