“Siamo chiusi per furto, i ladri hanno rubato anche il Bambinello dalle braccia della Madonna”.
Imbarazzo, preoccupazione, sdegno: questi i sentimenti che, agli occhi dei parrocchiani, esprimeva, ieri mattina, il volto afflitto di don Peppino Leone, costretto a comunicare che la messa delle 11 non si sarebbe potuta tenere. Il motivo? L’ennesimo furto, stavolta devastante dal punto di vista devozionale e storico, messo a segno dalla solita banda di malviventi che senza il minimo scrupolo o barlume di fede è arrivata a rubare il Bambino alla Madonna e un’antica collana. I malviventi, informati dal solito isospettabile basista locale, devono aver agito nella nottata tra venerdì e sabato penetrando in chiesa attraverso un passaggio segreto. Nel ricco bottino anche due acquasantiere di marmo, una delle quali custodita nella sagrestia e l’altra talmente pesante che si ritiene che a portarla siano state almeno tre persone dotate di un camioncino con sponde basse. Dalla chiesa sono stati asportati anche oggetti risalenti al 1700, come una colonna tortile ornamentale e una grossa cornice lignea che racchiudeva un quadro di modesto valore e che, infatti, è stato lasciato al suo posto. Il bilancio definitivo non è ancora stato redatto, si legge anche di un leggio di legno decorato a mano e di una spada intarsiata di pietre rare. Naturalmente si parla di furto su commissione e come al solito molti sono convinti che gli oggetti rubati abbiano già preso il volo dal territorio verso i ricettatori. Ciò contribuisce, però, a far crescere nella gente la convinzione che ogni sforzo per tentare di capire chi possano essere i ladri e dove sia finita la refurtiva sia ora inutile. Un grossolano errore di comunicazione, deleterio per l’opera degli inquirenti, perché i fatti del passato insegnano (come accadde per il furto perpetrato ai danni del convento di Santa Caterina) che la collaborazione, anche in forma anonima di chi ha visto o sospetta qualcosa può aiutare i carabinieri a risalire agli artefici del saccheggio. I ladri di storia sono penetrati nell’antica chiesa sidicina attraverso la sagrestia, dopo aver avuto la meglio sulla grata metallica di una presa d’aria laterale che poche persone conoscevano perché occultata nel portone di un vecchio palazzo dove ora abitano persone di cui nessuno conosce l’identità. Ad accorgersi del furto sono stati i collaboratori del parroco che nell’accingersi ad aprire la chiesa di via Nicola Gigli detta anche dei santi Cosma e Damiano, si sono visti pararare davanti la scena di un recente raid sacrilego. La penosa situazione si è ripetuta all’arrivo del parroco che ha subito chiamato i carabinieri. Sul posto il comandante della locale stazione Augusto Proietti e gli uomini della pattuglia di turno. Ora monta tra i fedeli il timore che gang abbia progettato di rastrellare anche in tutte le altre chiese diocesane.
Don Giuseppe Leone
“Non ho parole. E’ tale e tanta la devozione dimostrata dai sidicini verso la parrocchia e verso
Elio Zanni