Prima di entrare nel vivo dell’articolo fermiamoci un poco, venti secondi, a rileggerne il titolo, e facciamolo con impegno e sensibilità perché ne è l’unica “chiave di lettura”.
Ecco, ora avviamo la discussione: la frase è di Alessandro Manzoni, contenuta nel suo capolavoro “I Promessi Sposi”, laddove, nel capitolo trentaduesimo, descrive minutamente, e con precisi riferimenti storici, molte delle cause che, durante la peste di Milano, portarono alla creazione della nefasta figura dell’”untore” ed alle conseguenze che gravarono, aggiunte a quelle della epidemia, sulla vita di molte innocenti persone, scambiate per tali.
Orbene la crassa ignoranza dell’epoca, atterrita dalla veloce diffusione del morbo, aveva portato a pensare che ci fossero persone o sette di persone aventi, per imprecisabili motivi, proprio lo scopo di incrementarla. Non potevano sapere che la peste bubbonica, provocata dal batterio Yersinia pestis, dal nome del suo scopritore, lo svizzero Alexandre Yersin, che si dedicò al suo studio della seconda metà del 1800, si diffondeva col morso di pulce dai ratti all’uomo e poi da uomo infetto a uomo sano ed era stata importata dapprima nel Piemonte da un esercito invasore francese. Si scatenò allora una vera e propria “caccia all’untore” da parte di una intera popolazione che prese a bastonare e linciare chiunque potesse essere minimamente sospettato di essere un “untore”: ci fu spazio, allora, per vendette familiari, per odi ancestrali, per ripicche personali che aggiunsero vittime e vittime a quelle già provocate dalla peste. Bastava che uno gridasse “dagli all’untore” e per il malcapitato che si trovava solo per via era la fine!
Al “buon senso”, individuale, si era sostituito il “senso comune”, collettivo: con evidente perdita della innata e ragionata bontà del primo, sostituita dalla irrazionale ferocia, in quel caso, del secondo. Una storia che si è ripetuta spesso, e sotto varie forme, al termine di guerre civili, tra chi era stato da una parte o dall’altra, (leggi ex- fascisti e ex partigiani; italiani e titini) o durante diffuse calamità naturali (leggi fautori di vaccinazioni ed isolamento e no-vax).
Similmente a quello descritto era accaduto un altro episodio narrato sempre dal Manzoni nello stesso romanzo, al capitolo XII: l’assalto al forno delle Grucce.
La guerra religiosa o pseudo-tale detta “Dei Trent’anni” era nel suo pieno sviluppo in tutta Europa con tutte le conseguenze del caso, tra cui una diffusa carestia che aveva portato a livelli altissimi il costo del pane; l’incapace Ferrer, nominato Vicario di Provvisione, pensò bene di calmierarne il prezzo non tenendo conto delle leggi di mercato. Come conseguenza vi fu un accorrere della popolazione ai forni per acquistarlo, creando indicibili tafferugli assaltando i garzoni dei fornai che trasportavano il pane con enormi sprechi dello stesso che finì sparso per le vie e immangiabile. Al forno delle Grucce la gente riesce ad entrare depredandolo di ogni suo prodotto e degli strumenti di lavoro che vengono portati in piazza Duomo e dati alle fiamme; tra gli scalmanati il Manzoni descrive la squallida figura del “vecchio malvissuto” che, recando in mano una corda, un martello e dei chiodi, incita all’assalto della casa del Vicario Ferrer per volerlo inchiodare alla porta del forno!
Altro palese episodio nel quale il “buon senso” scompare di fronte al “senso comune”.
A quante di queste manifestazioni assistiamo direi quotidianamente nei nostri tempi dove ogni occasione, dal sostegno ai palestinesi alla pioggia che cade, è buona per aggregare cortei di protesta che fatalmente si trasformano in bande di teppisti che distruggono tutto al loro passaggio?
Bande inizialmente animate dal “senso comune” che mette da parte, sotterra, fa sparire quel “buon senso” che certamente possiederà personalmente ogni loro singolo componente.
In buona sostanza il Manzoni, instancabile sostenitore della dottrina giansenista, dimostra e sostiene che le masse popolari, il cui intervento nella politica è solo causa di disastri, sono accecate dall’odio e, alla ricerca di un capro espiatorio, se la prendono con gli untori o con i fornai.
Niente di nuovo sotto il sole: tanti anni fa fecero la stessa cosa le squadracce fasciste in Italia, le naziste in Germania, le bolsceviche in Russia e gli intellettuali giacobini in Francia.
Un invito: continuiamo a tenerci ben stretto il nostro “buon senso” e non permettiamo mai che si nasconda “per paura” del senso comune, lasciandolo poi pericolosamente trionfare!
Cerchiamo di essere coraggiosi, almeno con noi stessi!
Claudio Gliottone