Passa per Teano la strada Adriana bretella della via Appia che conduce a Roma, gloriosa costruzione romana fatta costruire dall’imperatore Adriano dal quale prende il suo nome. Su questa arteria, ridotta ormai a pochi tratti, sorge la cappella “Micheletti” dedicata alla Madonna delle Grazie, in un angolo dove la strada curva e s’inerpica tra il verdeggiante paesaggio di San Lieno, luogo di salutari passeggiate per chi vuole scaricare lo stress quotidiano e godersi, da una prospettiva diversa, il panorama di Teano.
Ho trascorso in questi luoghi la mia fanciullezza e in un certo senso ho sempre abitato qui. Da bambino cullavamo l’immagine della Madonna che in questa cappellina ci custodiva sotto il suo manto, insegnandoci a crescere puri, ad amare gli altri con semplicità e umiltà e ad avere l’amore per il prossimo ritrovandoci da grandi con gli stessi valori. Era per noi ragazzi un appuntamento quotidiano ritrovarci al cospetto di quest’immagine santa e non solo per giocare, ma anche per partecipare insieme ai nostri genitori alle preghiere del Santo Rosario che periodicamente avvenivano qui per ringraziare
Una mattina di novembre del 1997 trovandomi nei dintorni di questa cappellina a tagliare la legna per il camino, mi ritrovai a costatare il totale stato di abbandono in cui versava il piccolo manufatto, ridotto ormai ad un cumulo di macerie e ricoperto di grossi rovi che l’avvolgevano completamente tanto da non potervi più entrare. Non esisteva più nulla della bella cappellina e, andando a ritroso nel tempo, mi accorsi che erano passati più di trent’anni e nessuno più aveva curato quel bel simbolo, ormai fatiscente. Nel mio cuore avvenne un tumulto, quasi una colpa s’impadronì dei miei pensieri per essere stata anche da me abbandonata. Fu un richiamo così forte e un desiderio vivo di aggiustarla , che di giorno e di notte non potevo fare altro che pensarci. Così, ho trascorso giorni interi senza mai stancarmi, ne scoraggiarmi, avvertendo la presenza materna che mi guidava nel lavoro. Il giorno prima dell’inaugurazione, insieme all’amico Lucio D’Angelo, mentre preparavamo gli ultimi ritocchi e ponevamo gli addobbi sull’altare, siamo stati testimoni di un episodio di cui solo dopo abbiamo capito il significato.
Scaricavamo dei cesti di rose dall’auto, quando i rintocchi delle campane del vicino convento di Sant’ Antonio annunziavano mezzogiorno e in quella atmosfera di gioiosa melodia e col dolce soleggiare di un caldo maggio, due colombe bianche si erano impossessate dello spazio sovrastante la cappellina: andavano e venivano nel cielo azzurro, posandosi di tanto in tanto sul piccolo campanile, per poi di nuovo volteggiare felici sopra di noi. Erano così dolci che la nostra presenza non le disturbava affatto, anzi si divertivano a sfiorarci.
Non era mai successo prima una cosa simile, né si è mai più ripetuta. Nei nostri cuori ci rese ancora più felici, una gioia indescrivibile ci invase, cullandoci dolcemente. L’indomani, domenica 17 maggio 1998, con la presenza del carissimo vescovo emerito mons. Felice Leonardo, il parroco don Giuseppe Ciarletta e le autorità civili, con emozione e con una Messa solenne, abbiamo inaugurato e restituito ai fedeli, la piccola ma significativa cappella, ripristinando l’antica tradizione di festa contadina. Grande fu anche l’emozione del nostro compianto vescovo mons. Francesco Tommasiello che, durante un omelia , rilevava l’enorme significato di questa cappellina, simbolo di umiltà contadina, di storia e preghiera, finalmente restituita ai fedeli. Ci faceva notare anche che, sulla strada dove sorge la cappellina, circa 2000 anni fa, lo stesso apostolo Pietro, proveniente da Cales, passò per raggiungere Roma.
Dal giorno dell’inaugurazione, ogni anno diamo appuntamento ai fedeli che accorrono in massa per festeggiare
Ho voluto portare a conoscenza dei lettori questa testimonianza personale, perché tutti ci riconosciamo strumenti nelle mani del Signore, pronti ad esultare anche quando ci chiama attraverso nostra madre Maria santissima. Vi aspetto tutti il 31 maggio per i festeggiamenti in suo onore, per gustare le specialità gastronomiche della contrada e partecipare alle iniziative di carattere culturale che andremo a svolgere. Il tutto in uno scenario naturale tra storia, leggende e fede. Vi aspetto tutti.
Paride Chiappinelli