Se tu paghi la gente che non lavora e la tassi quando lavora, non esser sorpreso se produci disoccupazione (Milton Friedman).
In un società che da sempre meno ai cittadini il tenore della vita e le aspettative sul futuro non fanno ben sperare. A farne le spese oggi, sono soprattutto i giovani, che si accingono a portare sulle spalle un debito che non è solo economico. Quanto durerà la loro pazienza?
Il problema giovanile viene spesso descritto come un malanno sociale. Il governo continuamente dice: dobbiamo aiutare le classi più deboli, come le donne, gli anziani, i disoccupati, i disabili e i giovani.
In Italia le nuove generazioni vivono un disagio molto sovraccaricato rispetto a quello del contesto generale, già caratterizzato dall’attuale crisi economica. In un paese dove c’è l’adulto che sgomita per mantenere i propri vantaggi non c’è spazio per chi è giovane. E così, per tenere a bada chi insedia il suo posto, l’attuale classe dirigente si è inventata le “quote giovani”, i famigerati e quasi mai retribuiti “stage” e mille altri trucchi per far rimanere i giovani più a lungo tali e soprattutto per trasformare questo termine che indica una stagione della vita umana nel ruolo dell’eterno apprendista, del portaborse, del suddito, finché il giovane si ritroverà già adulto eppure senza alcuna possibilità professionale.
In realtà l’attuale generazione è una generazione sfortunata. Una generazione cresciuta nella ricchezza generale e si ritrova a cercare lavoro in un momento in cui il tasso di disoccupazione post lauream è ai minimi storici. La maggior parte di noi datati abbiamo insegnato loro che con la laurea avrebbero ottenuto il lavoro dei propri sogni e invece in moltissimi casi le spese universitarie sono state un investimento a fondo perduto. Sono sfortunati perché non possono credere nel futuro.
E allora perché restare in Italia e non andare all’estero? In realtà chi resta in Italia si divide in due categorie. Ci sono quelli che provengono da famiglie ricche e che ereditano appartamenti, studi professionali, aziende e che spesso criticano, dall’alto dello loro torri d’avorio, chi invece quelle ricchezze non le ha ed è perciò costretto a fuggire altrove per poter immaginare un futuro. E poi ci sono quelli che non hanno grandi competenze né una grande passione, che non hanno il coraggio di mettersi in gioco e sono disposti a lavorare gratis o quasi: ammettendo la propria mediocrità, finiscono con l’abbassare il prezzo di mercato del lavoro che svolgono, rendendo inaccettabili, per chi invece di competenze ne ha.
In sintesi, il governo oggi ha completamente tolto la fiducia nelle istituzioni, ha tolto la speranza che agli sforzi dell’individuo e alle sue competenze possa corrispondere una giusta ricompensa. La verità è che in Italia regna l’immobilismo. Non si muove nulla, tutto è un problema, tutto è incredibilmente lungo per burocrazie varie.
E’ accertata che la maggior parte dei giovani è molto arrabbiata, la loro rabbia non è compresa dall’attuale classe dirigente. Oggi l’Italia è colpevole di non dare alcuna opportunità ai giovani che in realtà non vogliono essere biasimati, vogliono essere considerati cittadini e trattati come tali. In sintesi sono delusi soprattutto da chi governa questo paese, gente che preferisce concentrarsi sul proprio tornaconto piuttosto che pensare in grande e lavorare per lo sviluppo dell’intera nazione. Oggi, in realtà, lo Stato non esiste: esistono solo le tasse da pagare.
Ma tu giovane REAGISCI alla crisi economica, alla corruzione, alle caste intoccabili, alla “monnezza” che inquina anche le coscienze, alla perdita di principi spirituali dell’uomo e della comunità nazionale.
Nessun male sociale può superare la frustrazione e la disgregazione che la disoccupazione arreca alle collettività umane.
Mario Biscotti