E’ nota ai più la locuzione latina “cupio dissolvi” che letteralmente tradotta, significa “desidero essere dissolto” dal presente indicativo del verbo “cupere” (desiderare) e dall’infinito passivo per verbo “dissolvere” (essere dissolto). Anche se la frase, riportata nella prima Lettera ai Filippesi di Paolo di Tarso, ha un alto significato religioso ed esprime il desiderio ascetico dell’ Autore di un suo annullamento corporale mistico in Cristo, (difatti la frase continua con “et esse in Cristum”), essa ha assunto nel tempo il significato più profano di anelare al distruggimento di se stessi, di annullarsi per sottrarsi a qualche situazione poco piacevole. In questa seconda accezione non necessariamente deve essere un motivo poco piacevole a generare il desiderio di autodistruzione; questo, invece può anche derivare da una mentalità, sicuramente perversa, di esaltazione negativa, ma tuttavia piacevole per chi la vive e la persegue. E’ un po’, per intenderci, come la soddisfazione che spinge a flagellarsi, a stringersi un cilicio al petto, a mortificarsi nel corpo per una superiore elevazione dello spirito. Il tutto resta comunque espressione di un disdicevole egoismo. Quest’ultimo aspetto non riguarda affatto le intenzioni di San Paolo, il quale, nella citata lettera, continua “(cupio) permanere autem in carne, necessarium propter vos”: ma desidero anche rimanere nella carne, perchè è più necessario per voi”. Orbene, a giudicare dall’ infinito elenco delle cose negative presenti allo stato in questa nostra città e denunciate con sistematica precisione sia da questa che da altre testate giornalistiche, (dal comportamento amministrativo, alle strade disastrate, dalle contradittorie bugie spiattellate per nascondere evidenti mancanze all’accettazione passiva, ma spesso anche adulatoria, di una situazione evidente di completo disastro ambientale ed organizzativo), non v’è chi non veda che tutti i cittadini teanesi siano, in un modo o nell’altro, pervasi da un pericolosissimo desiderio di dissolvimento. Una parte perseguendolo quasi volontariamente senza far nulla perchè questa città continui a precipitare nel baratro della invivibilità ed un’altra parte rifiutandosi di prendere coscienza di questa situazione di perseguita impotenza: in una parola non si muove foglia per ostacolare il degrado, né da un lato né dall’altro. Pare proprio che l’unico desiderio sia quello dell’autodistruzione, rimedio ultimo a tutti mali. E c’è per ultimo una piccola parte che continua a protestare, a sottolineare inadempienze e mancanze, a denunciare situazioni incredibili generate da protervia, presunzione ed incapacità; ma anche in essa si insinua giorno per giorno, sempre più insistente, il desiderio del “dissolvi”, quale consapevole accettazione di non poter più combattere una battaglia persa in partenza. Come convincersi, in maniera definitiva ed irreversibile, che, e lo stiamo già vivendo, “mai più nera della mezzanotte può venire”.
E sarà il colpo di grazia.
Claudio Gliottone