Mio Caro Direttore,
le ossa di Garibaldi si saranno tutte ingarbugliate sotto la semplice coltre lapidaria che le preserva, nell’isola di Caprera; mai avrebbero pensato che si arrivasse ad osare tanto, eppure ne han passate che passate!
Ho davanti a me il programma celebrativo dell’incontro di Teano, redatto dal Sindaco e dalla sua giunta:
Dio solo sa quanto vorrei stendere un velo pietoso e disinteressarmi di questa e di tutte le altre vicende politico-amministrative che nefastamente si susseguono nel nostro paese; ma mi sentirei un codardo se non continuassi a dar voce alle pochissime persone che, sovra ogni altra, temono una sola cosa: finire nel ridicolo! Per loro e solo per loro continuerò ad essere al mio posto.
Partiamo da un semplice assunto: la festa celebrativa non deve essere rivolta dai teanesi ai teanesi, ma dai teanesi all’Italia e al mondo intero. L’oggetto non deve essere la cena o il balletto o la sfilata folcloristica; l’oggetto deve essere la celebrazione storica di un evento che, casualmente accaduto a Teano, ha dato inizio alla storia della nostra Italia, per la prima volta nazione e stato, per la prima volta politicamente “una” su tutto il suo territorio geografico, per la prima volta, in Europa, nazione tra le nazioni.
Teano rappresenta la prima conclusione del Risorgimento Italiano: celebriamo questa in omaggio e ricordo di quello. Nel nome di Teano studiamo e approfondiamo tutto quanto sta alla base della unificazione di Teano: e ce n’è da fare! Perché il discorso, l’ho detto prima, parte da molto lontano.
“ Quando io ripenso a quei calabresi ed abruzzesi, basilicatesi e pugliesi, e napoletani di Napoli, che agitavano ardenti problemi politici nei giornali repubblicani della Cisalpina e in opuscoli e fogli volanti, che entravano nelle legioni italiane allora formate, che prendevano servizio presso francesi o presso i nuovi governi democratici, e quando leggo i documenti delle relazioni e amicizie che essi allora legarono con lombardi e piemontesi e liguri e veneti dico tra me: ecco la nascita dell’Italia moderna, della nuova Italia, dell’Italia nostra” .
Così Benedetto Croce splendidamente riassumeva, in poche e significanti parole, il lungo cammino e la grande partecipazione di belle persone che portò alla “Italia nostra”. E parte dagli avvenimenti di fine ‘700, quando, infiammati da puro spirito giacobino, tanti intellettuali, dal De Deo al nostro concittadino Lauberg, primo Presidente della Repubblica Partenopea, dalla nobile De Fonseca a Domenico Cirillo, a Mario Pagano , sognarono già una nazione unita e moderna, da realizzare magari con l’aiuto francese, repubblicana e democratica, e con questo irrealizzato sogno salirono sui patiboli fatti allestire da Ferdinando IV di Borbone e dalla sua consorte Maria Carolina d’Asburgo. I martiri della Repubblica Napoletana del ’99 e, prima ancora della congiura del ’94, traditi da lazzari, furfanti e preti; e poi i moti del 1821, i caduti sulle barricate della cinque giornate di Milano, i morti di Brescia, la spedizione dei fratelli Pisacane, il sacrificio dei fratelli Cairoli, i morti di Calatafimi e del Volturno.
E non sarebbe mai un semplice guardarsi indietro: sappiamo così poco di noi!
Gli americani celebrano il Columbus day e la Festa dell’indipendenza; la nascita e la indipendenza dall’Inghilterra degli Sati Uniti d’America; e li celebrano in tutti gli stati e tutti gli anni.
Noi celebriamo solo la festa della Liberazione; certamente importante, ma non quanto la stessa nascita della nostra Italia, e certamente un po’ di parte. Non sarebbe male affiancarla da una festa affasciante tutti nel ricordo della nostra unificazione; e non sarebbe una festa di parte.
Orbene, caro Direttore, mi sai dire tu se:
- Bisognava scomodare Garibaldi per parlare di dieta ed alimentazione?
- Bisognava scomodare Garibaldi per celebrare cittadini nati a Teano che si sono distinti nel loro ambito lavorativo in altre città? Ma sono davvero solo loro ad averlo fatto? E le centinaia di lavoratori emigrati a Milano, a Torino, in Svizzera, in Germania non si sono a loro modo e con le loro possibilità distinti nel lavoro, magari più duro e meno retribuito?
Ironia della sorte: la città dove nacque Garibaldi, Nizza, fu ceduta dal Piemonte alla Francia nel lungimirante progetto politico di Cavour che poi portò all’Unità d’Italia, ma non credo che l’Amministrazione di Nizza, pur avendogli donato i natali, abbia mai celebrato l’Eroe dei due Mondi!
A proposito, quella cancellata del monumento di Borgonuovo, dipinta da poco con i nostri tre colori nazionali, ci sembra un po’ pacchiana. Segno dei tempi!
Claudio Gliottone