A vedere nell’altro un nemico è sempre una mente primitiva, che rifiuta l’evoluzione come possibilità di spostarsi dalle sue pulsioni ataviche. Lo stesso atto di civiltà è un atto di prepotenza umana sulla natura. L’uomo nasce come ente di natura, il suo emanciparsi risulta dunque essere una sorta di atto contro natura.Non è una citazione positivistica né una locuzione del postmodernismo . E’ il poeta Giuseppe Ungaretti a dirlo a Pasolini nel 1963, da quasi ottantenne, rispondendo a una domanda sull’identità sessuale. La cultura dunque,per quanto nobiliti lo sforzo del soggetto che tenta con essa di essere all’altezza delle sue possibilità, è tuttavia qualcosa che allontana l’uomo dal suo fondamento naturale, radicato nell’indifferenziato del promordiale. C’è un gap tra conoscente e conosciuto che va indagato, per cercarne una possibile armonia. Tra forma e contenuto c’è una mancata coincidenza che ha alimentato anche un atteggiamento di sospetto verso la cultura, per quanto possa sembrare parossistico. Il timore verso la conoscenza è una delle cifre dei regimi totalitari ; Umberto Eco nel suo famoso discorso sull’- UR Fascismo- ne parla come di uno dei principali sintomi del fascismo, sottolineando come esso si sia sempre servito del sincretismo, facendo convergere elementi ideologici di pensatori inconciliabili con la pratica fascista. L’uso della storia non è Storia . Per i regimi il cammino verso la modernità è sempre stato problematico : il fascismo è conservatorismo per definizione. Emancipazione, evoluzione, cultura sono tutti concetti strutturalmente antifascisti , prevedono tutti un’apertura, uno spirito critico che il fascismo si è sempre rifiutato di riconoscere come strumento di avanzamento delle coscienze, vedendo in esso qualcosa che indispettisce, fino a poter assumere l’accezione del tradimento. Il fascismo è razzismo per statuto concettuale, è contro l’intruso, contro il diverso, contro l’alterità, contro le differenze che non vengono accolte in un contesto di pari legittimazione ma vengono esacerbate anche per dare maggior identità ai simili. Il dissenso è democrazia , i regimi infatti cercano consenso, facendo leva sulla xenofobia atavica delle nostre pulsioni naturali. Quando diciamo contronatura non diciamo necessariamente qualcosa di negativo, buttando via l’acqua sporca va sempre preservato il bambino. La storia della natura umana comincia con Caino e Abele, guai a chi escludere l’impuro da sè , sono le due facce dell’umano ,che costituiscono ognuno di noi al di là del nostro , mai comprovato, libero arbitrio. In una normale dialettica tutto si oppone alla propria alterità per poter essere sè stesso. Il positivo è tale proprio in forza di quel negativo che gli consente la sua determinatezza . La filosofia dei padri del pensiero , Platone ma anche Aristotele, è innanzitutto comunitarismo, calcolo sociale, ricerca di quell’armonia possibile tra forma e contenuto , tra conoscenza e conosciuto, tra finito e infinito, che faccia sentire all’uomo la sua grandezza di individuo che si realizza massimamente in una comunità , grazie all’armonia prodotta dalla pajdeia , che per i greci sta per educazione, formazione umana ai fini della realizzazione della migliore comunità possibile. La filosofia è un’indagine ostinata di collegamento tra il fenomeno nella sua fisicità e la parte meno evidente che richiede ulteriore interrogazione , per accordare l’osservabile all’inosservabile del fenomeno . Siamo una società liquida, per dirlo alla Bauman, ci diciamo convinti concretisti dimenticando che per poterlo essere va compiuta una steresi , una separazione tra l’oggetto in discussione e la sua causa prima, la sua provenienza, ma anche la sua destinazione, scivolando nella massima astrattezza senza un nostro assenso partecipato. Cos’è lo specialismo dei nostri giorni se non astrattezza per definizione. Oggi si tenta di parificare il fascismo al comunismo , dimenticando che il comunismo ha una nobile genealogia , è il primo movimento dal basso volto a realizzare una comunità di uomini liberi, uguali e solidali . Ha avuto poca fortuna , è stato liquidato come utopia e spesso si è realizzato in forme perverse , basti pensare allo Stalinismo ( che è sì eguagliabile al nazifascismo ), ma va anche detto che sono stati tanti a morire in nome della libertà che prometteva, e dei valori che lo avevano fondato. Non esiste per contro alcuna argomentazione, né logica , né civile, che possa legittimare il fascismo : è nella sua genesi militarismo, violenza come sistema, leggi razziali, persecuzione, squadrismo , mancanza di libertà . Un popolo smarrito cerca uomini forti con idee semplici , accettando anche di sentir parlare di Hitler come di” un comunista antisemita” . Tutte le ideologie possono produrre eccedenza valoriale, è necessario stare nel loro momento dialettico , veritativo. Certo, essere di parte serve anche a non essere indifferenti , ma l’onestà intellettuale resta una necessità . Se essere di parte è un diritto la probità è un dovere, scriveva Gaetano Salvemini , in tempi in cui bisognava essere coraggiosi per poterlo dire. La rettitudine morale non è certo una priorità del nostro tempo, i valori che edificano la vita umana non sono certo dettati dalla nostra natura. Sono un fatto culturale, emancipativo . La ghigliottina di David Hume, famoso empirista inglese, ci spiega il principio di causalità , e di come esso sia indimostrabile. Hume ci fornisce l’evidenza sulla mancanza di meccanicismo tra i fatti e i valori. Non c’è nesso necessario, compiamo un vero e proprio salto nell’accostarli , soprattutto se nel farlo ci allontaniamo dal buon senso . Quel legislatore che dovesse far leggi secondo principi, senza tener conto di com’è il mondo di fatto, rischierebbe di stilare una lista di ingiustizie e discriminazioni , magari ispirate da giusti principi. La nostra assiologia non è una cifra della nostra natura, Kant sbaglia quando parla di legge morale come l’-a priori- dentro di noi. La storia umana lo smentisce. Del resto tutti gli illuministi hanno assolutizzato la ragione , fino a renderla una fede, una religione, la stessa che l’illuminismo stesso combatteva. Per essere giusti dovremmo dialettizzare le ideologie, anche quelle che introiettiamo senza il nostro assenso. La stessa ideologia del progresso, consacrata dal positivismo, una volta assolutizzata ha assunto l’aspetto del sacro, dell’indiscutibile. Tutto ciò che riguarda il cammino dell’uomo è sempre legato anche a un fatto congiunturale, la consapevolezza della complessità del tempo a noi coevo può essere essa stessa motore di cambiamento verso una vita più godibile. L’epigenetica ci dice che il sociale si fa biologico, determina la qualità della nostra vita, schiacciata da una visione manicomiale , che preserva soltanto la quantità , senza avvedersi che così messa sa sempre di più di durata tragica. Eppure il cristianesimo vince sulla grecità proprio per l’aspetto del tragico da cui l’occidente voleva allontanarsi , rincorrendolo a sua insaputa. Hegel è il filosofo che ritenta di curarci dal veleno con l’antidoto e non con lo stesso veleno, forse anche da qui l’universale idiosincrasia verso una filosofia che ci assicura gli anticorpi contro la mercificazione della vita. L’uomo moderno crede di servirsi della tecnica ma è la tecnica a vincere su tutto per la sua stessa struttura ontologica.
Emanuele Severino ,forse l’unico filosofo moderno a farla la filosofia e non a farne solo ermeneutica speculativa, spiega nei suoi scritti come la tecnica incarni la logica dominante dell’ Occidente : la fede nel divenire , cioè l’idea che tutto ciò che “ E’ “possa essere trasformato, migliorato, incrementato. Questo rende la tecnica il vero soggetto della storia, non è vero che è buona o cattiva a secondo dell’uso che se ne fa, la tecnica ha un suo scopo che è quello di superare ogni limite, perché la sua essenza non è tecnica ma metafisica . Tutte le forze occidentali si servono della tecnica per raggiungere i loro scopi : la politica si serve della tecnica per governare , l’economia lo fa per massimizzare produttività ed efficienza, l’etica la utilizza per perseguire obiettivi come la sostenibilità o la giustizia sociale. Questo significa che qualsiasi scopo voglia essere raggiunto esso concorre al fine stesso della tecnica, che è quello di vincere sugli scopi che vorrebbero usarla per potersi realizzare. Oltrepasserà ogni limite politico, ideologico, sociale , nonostante la sua contraddizione interna di mancanza di un fondamento veritativo assoluto. Severino spiega che la crisi in atto è il voler occupare lo scopo tecnico con lo scopo ideologico, vediamo tutti come imbarcarci in progetti a difesa dei valori contro gli eventi tecnici ci pone in automatico in vere e proprie battaglie di retroguardia , che non sembrano credibili neanche più a noi stessi perché anacronistiche. E’ lo stesso motivo per cui il sovranismo della Meloni è a sovranità limitata. La stessa etica perde razionalità , un’azione vale a seconda del suo scopo, ma la tecnica produce continui cambi di scopi , trasformandosi essa stessa nel fine ultimo , per cui l’etica privata della verità diventa patetica. La tecnica è il paradigma di una volontà che non si arresta mai, non può avere uno scopo definitivo , è volontà di potenza . E’ il naturale superamento del limite stabilito. E’ ancora il non visto perché siamo immersi in un nichilismo che per affermarsi deve negare ciò che lo presuppone , quindi l ‘ ESSERE stesso , ciò che la filosofia chiama verità. Severino è l’unico filosofo che può chiamarsi veramente fuori dal nichilismo, prendendo in prestito la più famosa locuzione filosofica di matrice parmenidea “ L’essere è e non può non essere “ Severino costruisce un sistema filosofico dove il divenire è solo uno dei modi dell’apparire dell’essere. Chi pensa di superare il nichilismo opponendosi all’A.I. non sa che non c’è separazione reale tra l’esser me e l’essere artificiale . Ogni tentativo di opporre l’intelligenza artificiale al pensiero umano patisce la stessa contraddizione che il nichilismo introduce tra l’essere ( ontologico ) ed ente ( tutto ciò che c’è ) . Superare il nichilismo richiede proprio il riconoscimento di questa antinomia. L’A.I. ontologicamente non è altro dal pensiero umano , ma è una sua espressione coerente. Uscire dal nichilismo significa riconoscere che ogni ente, sia esso umano che artificiale, partecipa della stessa verità, in una visione severiniana eternista . Chi non ha mai sentito parlare di teoretica, di ontologia, di speculazione filosofica nella sua più alta essenza, interpreta la realtà con i principi della logica formale, fatta comunque di regole, di postulati, assiomi che prima di funzionare devono ESSERE e quindi rispondere già a un’ontologia che li compartecipa da incoronante. Ogni proposizione logica, ogni apofansi , per essere pensabile presuppone già il dover essere;:
LA LOGICA E’COME LA RETE CHE PESCA I PESCI,IL MARE E’UN’ALTRA COSA.
Severino ribalta il modo convenzionale di considerare il rapporto tra logica e realtà , offrendo una prospettiva diversa da tutta la tradizione filosofica, quindi inaudita. La sua “STRUTTURA ORIGINARIA “ dell’ essere non è un prodotto della logica, né qualcosa che si fonda su se stessa. E’ piuttosto la condizione stessa che rende possibile ogni logica. La sua filosofia eternista valuta il divenire come un aspetto del manifestarsi degli eterni , come parte della struttura originaria dell’ essere. E’ dunque una condizione ontologica necessaria e non il passaggio dall’essere al nulla , così come la morte dell’uomo sembrerebbe evidenziare. Per Severino la morte non è esperibile, quando c’è lei noi non ci siamo più . Non c’è un Dio che decide, né un destino a cui adeguarsi, c’è solo la necessità eterna della STRUTTURA ORIGINARIA DELL’ ESSERE . Ognuno di noi è Dio, lo saprà quando sarà consapevole della struttura originaria in cui è immerso da sempre. L’uomo da sempre è quel finito che ha in sè l’infinito che vuole de- finire . L’ESSERE di Severino è la conditio sine qua non ,che rende possibile ogni contenuto . E’ una filosofia che resta preclusa ai più , ciò che si crede finito fatica anche solo a semantizzare l’infinito. Eppure ciò che noi chiamiamo mistero non è poi così misterioso da non essere parte della nostra potenziale visione , ovvero ci è noto come mistero, non è un nulla assoluto . La nostra stessa esperienza umana non è del tutto traducibile, non riusciremo mai a descrivere compiutamente una sinfonia , tra l’ascoltarla e il parlarne c’è un gap incolmabile. Eppure in Occidente il discorso intorno all’esperienza arriva a dare più credito alla spiegazione che allo spiegato , nonostante esso si mostri da sé. Platonismo e cristianesimo si fondano entrambi su una frattura ontologica tra il sensibile e l’intelligibile ( Platone ) o tra il creatore e il creato ( cristianesimo ), frattura che implica una visione deficitaria del divenire. In Severino non c’è nulla di deficitario nel divenire , esso è eterno e necessario tanto quanto l’essere. L’immutabile in Severino non è entità separata , non è un Dio metafisico, ma la totalità sincronica (simultanea )degli eterni, che include il divenire stesso come parte della struttura originaria. La nostra umana visione diacronica (temporale ) del reale è parte del processo sincronico , che non è su un piano superiore a cui il finito deve adeguarsi , non c’è gerarchia, è lo stesso contesto in cui il finito appare eternamente. Non esiste un compito da adempiere per raggiungere la verità, non c’è percorso morale da fare, ogni ente è già da sempre nella verità. Certo abbiamo detto cose difficilissime e anche controintuitive , è una filosofia più larga delle parole che possono dirla , ma il non detto occupa la stessa ontologia di tutto ciò che riusciamo a semantizzare : stare nelle domande fondamentali restringe la possibilità di non incontrare mai noi stessi, il rischio sarebbe quello di non essere mai veramente nati . Scrivere è sempre un esercizio autobiografico, ma per arrivare agli altri deve contare sull’intelligibile , l’inaudito è prerogativa dei filosofi , ma non provare neanche a farci i conti , vuol dire rinunciare alla parte più alta dell’attività umana . Del resto se tutti fossero pazzi non ci sarebbero pazzi, se tutti fossero saggi non ci sarebbero saggi, se tutti pensassero non ci sarebbe pensiero.
ANNA FERRARO