Avevo l’insana intenzione di fare un pezzo, per Pasqua, circa una tela sagomata visibile in S Maria La Nova: "l’Ultima Cena". Poi , pensandoci bene, ho preferito desistere e per la grevità dell’assunto e per l’eccessivo tecnicismo. Agli amici lettori sarebbe spuntato un barbone da "barbone" che poi avrebbero dovuto tagliare i due impagabili"miei barbieri". Immaginatevi la goduria!
Ho scelto invece di lasciare i pensieri errare liberi e lievi come petali di pesco in fiore, come le volute azzurrate del fumo di una vecchia pipa. Pasqua: passaggio, mutamento, rinascita. Macché, le elezioni future la fanno da padrone. Liste che nascono, liste che svaniscono tra il profumo delle pigne con le uova e le pastiere di grano. Pudicamente, come una delicata suorina fresca dei voti religiosi, Ruggiero ha passato la mano, ha preferito per motivi suoi mollare , dopo epurazioni e purghe. Spuntano giulivi altri primattori, come mammole : il rampante Magellano condito da vispi pronipotini di Esculapio (dio della medicina) che prima si chiamavano condotti e che ora invece conducono; il virtuosistico Toscano, figlio e fratello d’arte, ultimo approdo per smarriti ulissi e variopinti tucani. La brezza di marzo ha levato con sé Madre Enrica, la grande Badessa del Monastero benedettino,ora davvero ridotto all’osso: Pascha nostrum immolatus est Christus.. Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato. Il dottor Ciciaverius passerà invece la Pasqua da samaritano del figlio Cristian, lisciandosi pensoso i capelli alla spaghetti scotti , meditando su musiche classiche di ispirazione pasquale e, forse , sulla promessa di un libro da stampare: "Ricordi ciciaverieschi".
Storie che si intrecciano con la storia in un minimalismo persuasivo come l’humus del grandioso, inimitabile dottor Ciciaverius dagli occhi di giada e il cuore gigante. I pensieri adesso preferiscono volare a ritroso tra i teneri momenti della nonna che a partire dal Giovedì Santo impastava la sua Pasqua rurale con pane pasquale, torte domestiche, tagliatelle succulente e le famose orecchie del prete. Il forno ruggiva e mio nonno alto e grosso pure, ché non poteva accostarsi alle prelibatezze della nonna, piccola e bianca! E neppure noi nipoti, manco a pensarci, volava la scopa sulle nostre tenere schiene e poi nei pasticci, prima della benedizione pasquale, dominava un malefico serpente. Ripenso allo "sgonnellare" della sottana di Don Michele (ora si dice talare e pochi preti la vestono) che andava a benedire le case dei suoi ispidi e sospettosi parrocchiani che si scioglievano alla luce del suo amabile sorriso e alle risate dei leggendari "fioretti" del Parroco.
Raccontava, il mite don Michele, che una Settimana Santa don Costantino vorace Parroco di Tuoro andava lemme e placido in cotta e stola ricamata in oro,col suo passo da lumacone, benedicendo le poche case del borgo. A un certo punto i chierichetti bianchi e rossi per gli indumenti liturgici gli rammentarono che l’acqua santa era agli sgoccioli. L’ineffabile Piovano non si sgomentò, alla prima fontana fece il pieno di acqua potabile nell’antico secchiello d’argento, vi tracciò rapido un segno di croce borbottando tra i denti una breve preghiera in latino e proseguì dritto dritto per la sua strada lastricata di uova fresche, pigne pasquali, qualche tenero polletto e se gli andava bene un paio di coniglietti o addirittura un’oca bianca e grassa. Tempi remoti di sana ruspante innocenza .
Cari Lettori non Vi auguro ora un dono qualsiasi. Vi auguro tempo. Tempo per Voi: per sorridere, per pensare, per amare, per vivere, per essere sereni.
Buona Pasqua!
Il vostro Giulio