Così Socrate, nel celebre testo platonico, obietta al discepolo Critone che vuole farlo scappare e sopravvivere. E allora, davanti alla vita, cos’è la libertà? Molti sono i dubbi che ci assalgono: usare o no i mezzi pubblici? andare al lavoro? portare i figli a scuola? fare un minimo di scorta al supermercato? E a pensare che la nostra cultura letteraria è fondata sulle epidemie, dal Decamerone di Boccaccio ai Promessi Sposi di Manzoni, da La storia della colonna infame di Manzoni , alla La peste di Camus, che ci aiuta a capire tante cose della politica, passando per L’Amore ai tempi del colera di Marquez, alla Cecità di Saramago. La nascita dello stesso filosofo Benedetto Croce è avvenuta in Abruzzo a causa dell’epidemia di colera che nel 1866 infettava Napoli; lo scrittore cileno Sepúlveda ha da qualche settimana contratto il virus. Tutto ciò che ci viene detto per rassicurarci, non basta a rilassarci e ad affrontare la situazione con un minimo di razionalità, a vivere questo tempo con filosofia; restiamo invece imprigionati dalla paura di morire per contagio. Perché, in fondo la paura del contagio è paura di contatto e allora i più semplici gesti vengono “sospesi”, sospesi finché la scienza non ci libererà da questa vita fatta di mascherine, gel disinfettante e tute bianche. Finché i tg e i giornali non usciranno con titoli da fine del mondo scampata. E nel frattempo viviamo in una società sospesa. E forse, mi azzardo, un po’ ci piace. Ma nel frattempo stiamo imparando qualcosa? Di tutta questa storia cosa resterà? Ci aiuterà a riflettere su cosa significhi sentirsi “l’altro” che viene respinto, guardato con sospetto nel timore di essere l’untore. Di sicuro però resterà quel vecchio testo di Platone, la Filosofia e la Letteratura perché in fondo le risposte sono tutte lì, perché lì c’è il nostro passato e il nostro futuro.
Sara Finocchi