Una figura di giovane donna ancora in boccio, compagna la madre-chioccia, un sabato di qualche anno fa, mercato stinto e uggioso, mi si para davanti al’ingresso della strada di casa mia. La mamma, una Signora educata e soave mi fa: "mi scusi se invadiamo la sua gelosa privacy, questa é Rosella". Restai paralizzato, me l’ero figurata diversamente. La timida giovane che parlava con un atipico accento snella, graziosa, dal sorriso primaverile aveva scritto quei pezzi alla Buzzati, alla Montanelli, con uno stile non pedante, ma pur nella sua austera compostezza ricchi di contenuto con alle spalle un retroterra culturale e informativo di notevole entità.
In un successivo incontro a casa sua, quando le chiesi una recensione alla mia ultima pubblicazione, e la ottenni, la madre suo "agente letterario" sussurrò in un sospiro: " Le raccomando sempre di mantenersi semplice e di non sviluppare col tempo e i successi superbia e insano orgoglio". Annuii imbambolato, Ora in giovane età è giornalista-pubblicista.
Mi mancano le parole per esprimerle la mia soddisfazione e me la cavo con un BRAVA, continui così. La "primavera di Cosroe" era uno splendido tappeto che il Re iranico Cosroe II faceva collocare nella sala del suo meraviglioso palazzo di Ctesifonte. Era ricamato di smeraldi, raffigurava fiali, rusclli, giaridni, frutteti, campi di grano. Il Re guardando quei disegni annullava così freddo e neve.
Allo stesso modo Rosella tesse il suo tappeto di parole preziose, la sua foresta di simboli, allontanando da noi lettori la noia di un inverno capriccioso.
Giulio De Monaco