Se non siete abituati a voltare la faccia dall’altra parte, se la vostra sensibilità non si è ancora esaurita, se vivete le emozioni di persone semplici e normali, non potete non esservi accorti di quanti esseri umani, ogni giorno ci passano vicino e sembra che vivano in un altro mondo.
Quando li notiamo è perché si sono resi responsabili di un comportamento che, noi normali definiamo come minimo, strano.
Alzano la voce ed inveiscono contro qualcuno ma questo qualcuno non c’è, camminano svelti e vanno avanti e indietro per molti chilometri al giorno per finire la giornata esausti, fanno finta di telefonare ed invece stanno solo recitando una parte che la loro mente gli suggerisce. Sono quelli che la subcultura popolare definisce: nun ce stann ca cap (non ci sono con la testa).
Qualche volta ci è capitato di notare da parte di persone definite normali, un atteggiamento di fastidio, di insofferenza, in altri di paura.
Non ci piace venire a contatto con queste persone, in molti prevale il senso di paura, perché si pensa che vogliano o possano farci del male. Questa è l’unica preoccupazione che ci coglie. E invece probabilmente in ognuna di queste persone, in ogni loro atteggiamento ci sia una richiesta di aiuto, la necessità di riempire in parte la solitudine in cui alimentano le loro paure ed il senso di infelicità che li pervade. Non abbiamo competenza per addentrarci in termini scientifici o clinici, certo è che queste persone prima erano da tutti considerate normali e poi è successo qualcosa, nel loro corpo, nella mente, senz’altro nella loro anima.
Non sappiamo se è l’anima che modifica il nostro cervello o il contrario. Una cosa è certa e si percepisce, difficilmente c’è felicità dietro queste malattie. Ogni sguardo è una invocazione di aiuto e se tutto va bene ci facciamo una bella risata dopo aver commentato un gesto, una parola e qualche volta una canzone. Sì perché queste persone, vuote nell’anima, sole nella vita materiale, sanno anche cantare ma sono lamenti, mai un gioioso ritornello. Urlano spesso perché vorrebbero essere notati, il loro è un lamento angoscioso, forte, che a noi arriva flebile o lo percepiamo come una minaccia da cui vogliamo allontanarci.
Il commento più banale e scontato che sentiamo pronunciare quanto si nota per le nostre strade una di tali persone è:”sarà l’acqua di questo paese!” quasi a volere trovare necessariamente una responsabilità che ci assolva. E invece no. Non è l’acqua, spesso è l’individuo con i suoi egoismi e la sua scarsa cultura che vuole necessariamente trovare una responsabilità, purchè non sia la sua.
Strano destino per queste persone, più hanno bisogno di aiuto e più sono lasciate sole. Spesso accade che è proprio l’ignoranza di chi gli sta vicino, di quanti avrebbero dovuto e potuto prevenire l’aggravarsi di questa malattia, a provocare la strada di non ritorno. La depressione, l’esaurimento nervoso vengono spesso nascosti per vergogna. Ci si chiude in casa perché nessuno se ne accorga, fino a quando la malattia non si manifesta in tutta la sua spettacolarità e allora scatta la vendetta, fuori per le strade a sbraitare, a telefonare, a cantare, a camminare perché tutti sappiano che stai male.
Noi non dobbiamo aver paura di queste persone, dovremmo forse cercare di entrare nella loro mente e nell’anima per sussurrare loro : coraggio amico mio, guardati intorno, non sei solo e non aver paura!
Antonio Guttoriello