VIAREGGIO – Trentatré rinvii a giudizio. Come aveva chiesto il pm, come avevano implorato i familiari delle vittime della strage di Viareggio.
LE REAZIONI –Un’incriminazione non si commenta mai con entusiasmo, ma la notizia che adesso ci sarà un processo a determinare la reale colpevolezza e la eventuale innocenza degli imputati, proietta un po’ di luce sulle responsabilità ancora oggi in ombra, oscure, celate ed evanescenti. Daniela Rombi, presidente del comitato delle vittime che da quattro anni lotta per cercare verità e giustizia, ha saputo la notizia nella sua casa di Viareggio: ha pianto e ha sorriso. Ha vicino ha la nipotina Anna, 3 mesi e mezzo, figlia di Valentina, l’altra figlia. Sì, l’«altra», perché Emanuela la sera di lunedì 29 giugno del 2009 fu divorata dall’inferno mentre camminava vicino alla stazione per andare da un’amica.
«CHEDIAMO SOLO GIUSTIZIA»- «Mi salutò alle 20.30 con un bacio e io la rividi il primo luglio da un vetro dell’ospedale, gonfia e irriconoscibile per le ferite e le ustioni – racconta mamma Daniela –. Per 42 giorni l’ho guardata da quella finestra, pregando e sperando, cercando un flebile segno di speranza. Che non è arrivato». Daniele Rombi racconta che oggi è un giorno felice per lei e per i familiari delle vittime della strage, anche se parlare di felicità sembra un paradosso. «È stato fatto un primo ma importantissimo cammino verso la giustizia – commenta -. Ma solo il primo perché a novembre quando il processo inizierà noi saremo lì per continuare la nostra battaglia. Non vogliamo vendetta, solo verità e giustizia e soprattutto sicurezza. La strage di Viareggio non deve accadere mai più. L’ho giurato a mia figlia. Mai più». Un’incriminazione non si commenta mai con entusiasmo. Però, se serve ad aprire un giusto processo e a fare chiarezza sulle ombre (troppe) di quella strage, si può guardare con animo sereno. Come un cammino di giustizia, di verità, e con la consapevolezza che anche questo passaggio servirà ad aumentare la sicurezza. Affinché quella notte non si ripeta mai più.
di Marco Gasperetti