Per iniziale chiarezza riporto pari pari da Wikipedia: “La plutocrazia (dal greco πλουτοκρατία, plutocratìa; composto di πλοῦτος, plùtos, ricchezza e κρατείν, krateìn, potere) è il predominio nella vita pubblica di individui o gruppi finanziari che, grazie alla disponibilità di enormi capitali, sono in grado d’influenzare in maniera determinante gli indirizzi politici dei rispettivi governi.”.
Salta evidente che essa è il contrario della “democrazia liberale” , e qui è doveroso aggettivarla, come sosteneva Hisaiah Berlin, filosofo e politologo inglese scomparso nel 1997, perché se ci limitiamo al solo sostantivo, democrazia, indichiamo esclusivamente “il potere delegato al popolo” e non le forme attraverso cui può esercitarsi; così, ad esempio, nella democrazia cosiddetta “popolare” (un evidente pleonasmo, cioè una ripetizione inutile del termine) le leve del potere sono sempre detenute da un dittatore o da una inamovibile oligarchia, e di democratico v’è meno che niente.
Ora la partecipazione ad un sistema democratico, fermo restando lo scopo in senso lato amministrativo di tutta la società che lo esprime, dovrebbe essere basata esclusivamente sulle idee, le proposte, gli studi, le capacità di ogni aspirante ad essa, prescindendo dal sesso, dall’età, dal colore della pelle, dal titolo di studio, dalla classe sociale, ma soprattutto dai suoi possedimenti e possibilità economiche e finanziarie. Alla amministrazione di una società civile servono le idee, le ampie visioni, la dedizione, la preparazione tecnica e politica, tutte cose che un candidato che non le possedesse non potrebbe mai acquistare con tutti i quattrini del mondo. Quando a questi criteri di scelta si sostituisce quello dettato dal dio denaro ci si avvia inesorabilmente verso la plutocrazia. Il discorso riguarda poco i singoli, e di più tutte le varie caste economiche che finiscono per intrappolare e dirigere quella che, negli intenti costituzionali, dovrebbe essere una sana democrazia. Quando ci si aggiungono anche i singoli, come Berlusconi, in Italia, o Trump, negli Stati Uniti, per piccolo esempio, allora il cammino verso la plutocrazia si accelera.
Pochi sanno che negli Stati Uniti d’America, ad esempio, 250 membri del Congresso sono milionari, inoltre 57 di loro appartengono al famoso 1%, il gruppo delle persone più ricche al mondo.
Partendo allora dal dato che oggi, inevitabilmente, le poche “ideologie” che restano sono inquinate da penetrazioni ed indirizzi “economici”, vediamo perché, da questo punto di vista, la situazione, già presente in Italia come nel resto del mondo, potrebbe aggravarsi.
Bisogna prima chiarire che la scelta e la successiva nomina di ogni candidato a qualsiasi elezione viene effettuata dalla Direzione del Partito e sempre convalidata o fatta “manu propria” dal suo Segretario Politico.
Ora esiste una banalissima legge di mercato, naturale e non dettata, ma a volte solo codificata dagli uomini, per cui esiste un rapporto proporzionale tra la domanda e l’offerta, dal quale deriva il prezzo; orbene se l’offerta diminuisce e la domanda resta la stessa, il prezzo aumenta; al contrario, se la offerta aumenta e la domanda resta la stessa, il prezzo diminuisce. Ma il rapporto si modifica anche in altre situazioni, come quando l’offerta resta uguale, e cresce o decresce o resta uguale la domanda: e con esso si modifica “l’equilibrio di mercato”.
Ed arriviamo alle nostre considerazioni circa la modifica del numero di parlamentari: dovremmo prendere atto della loro diminuzione complessiva da 945 a 600 (offerta di mercato) a fronte di un aumento della popolazione da 45 (alla proclamazione della nostra Costituzione nel 1948) a 60 milioni (domanda di mercato). Non ci vuole una mente eccelsa per comprendere che si verifica il fenomeno più importante per generare un aumento di prezzo della merce, in questo caso diminuzione della offerta (i seggi parlamentari e senatoriali) ed aumento della domanda (aumento dell’elettorato da rappresentare). In sintesi “il prezzo”, ma non solo economico, di un seggio salirà alle stelle; figuriamoci poi quanto potrebbe costare un cosiddetto “collegio blindato”, di quelli, cioè, nel quale verrebbe eletta pure una emerita testa di rapa, per non essere volgare. Democrazia liberale e partecipativa, come ben si vede!!!
Allora, per capirci con un ragionamento terra terra, se, a legge approvata, io volessi chiedere la candidatura nel partito XY dovrei portare al suo segretario:
- O un curriculum di esperienza politica e amministrativa più grande di quello di Talleyrand, suffragato da una mente organizzativa che riunisca le capacità intellettuali di Giulio Cesare, di Ottaviano Augusto, di Carlo Magno, di Federico ll di Svezia, di Carlo V di Spagna, di Cavour, di Churchill e di De Gasperi, ma comunque migliore di quello esibito da migliaia di aspiranti,
- O una congrua somma in soldini, sonanti o in prospettiva, ma sempre per il bene assoluto del Partito, s’intende!
Ma io sono solo uno che si interessa di politica da sessant’anni, e ne conosce tutte, e solamente, le regole morali e sociali, al quale piace confrontarsi ed apprendere e poi digerire e maturare ciò che ha appreso e formulare una propria idea, che giudica sana e proficua per il contesto sociale nel quale vive, e proporla agli altri battendosi perché la comprendano in tutti i suoi risvolti, prima di opporvisi per i più banali motivi (quello è mio cugino, ma poi non lavoro più, io non mi posso esporre, tengo famiglia, ho cinquantennale stima di voi, ma non vi ho votato né lo farò, ecc…).
E, per conseguenza, sono uno squattrinato.
Allora, se non sono una summa ideologica degli illustri uomini citati, e sono uno squattrinato, posso benissimo restarmene a casa; nessuno mi candiderà mai, perché “al partito” sarà più utile una somma di denaro che la mia modesta, pur se superiore a tanti altri, capacità e visione politica.
Il prezzo di una candidatura diverrà sempre più monetario e sempre meno ideologico, anche perché non esistono più, ormai da anni, associazioni e scuole di partito, che furono fucine di personaggi come Giolitti, De Gasperi, Fanfani, Nenni, Togliatti, Croce, Malagodi, La Malfa, Berlinguer, Almirante, Moro e tanti altri.
Nella prossima puntata cercheremo di raffrontare, molto sinteticamente, lo Statuto Albertino e la Costituzione Italiana sempre nell’ottica della modifica referendaria.
Claudio Gliottone