Anno 1953, focosa campagna elettorale anche a Teano, città in cui fu consumato un fatto, che scolvolse la pace sociale ad opera di un politicante, uno dei tanti rappresentanti di quel democraticume e clericume, manovrato da comitati civici, che, finanziati dagli americani, infestavano tutta l’Italia.
L’incidente fu causato da una lugubre bestemmia, vomitata dalla bocca di quel comiziante, che ebbe la sfacciataggine, in una città martorizzata dai bombardamenti anglo americani, di etichettare i nostri militari impegnati nell’ultimo sfortunato conflitto mondiale come “soldati di cartone”. Con questa castroneria vi fu nella città grande fermento e molta rabbia, che montava di giorno in giorno e non accennava a placarsi.
Un fatto imprevisto (la Provvidenza è infinita) riuscì a fermare quella rabbia. Arrivò di buon mattino, in Teano il Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani che aveva scelto Teano per un suo comizio, avendo dato la nostra città la prima sezione italiana del M.S.I.
Il leggendario condottiero tenne il suo comizio proprio in Piazza Umberto I, dissacrata da tanta nefandezza, riconsacrandola, ai sacri valori della Patria. Vi fu una grande partecipazione popolare, di gente umile e lavoratori, con una adunata oceanica. Ricordo di essermi trovato, ancora molto verde negli anni e carico di sofferenze dovute a quegli eventi, in prima fila, quando l’eroe, nel pieno della foga oratoria, con un gresto inconsueto, sbottonò la saariana e mise allo scoperto un petto pieno di cicatrici, grandi e piccole, che si intersecavano, a volte, tra di loro, simbolo delle numerose ferite riportate nei numerosissimi combattimenti, in cui Graziano aveva sempre, da capo, avanzato in prima linea.
Sentivo il mio viso bagnato da lacrime, così vidi quello di una persona che mi era vicino, irrigata nel volto, a mò di rugiada.
I nostri sguardi si incrociarono e, con il linguaggio degli occhi, specchi fedeli dell’animo, commentammo l’accaduto.
Quel mio vicino era un combattente della M.V.S.N., da qualche anno volato al cielo.
Da quel momento tra me e Vincenzo Stabile nacque una frequentazione, che si tramutò, col tempo, in una sincera amicizia. Mentre scrivo e parlo dell’amico Vincenzo, la mia memoria si collega con “I Sepolcri” di Ugo Foscolo e, visitando idealmente il sepolcro di Vincenzo, mi vengono sulle labbra:”a egregie cose il forte animo accendono le urne dei Forti…e belle e sacre rendono al peregrino le urne che li ricette”. Vincenzo Stabile fu un Forte di fosco liana memoria e la sua memoria fu onorata. Giovanissimo lasciò la sua bottega, molto accreditata, salutò i genitori ed amici e si arruolò volontario nella Miliazia Volontaria Sicurezza Nazionale. Ebbe, dopo un addestramento molto scrupoloso, vari incarichi, fra cui quello di componente in Milano della ronda a presidio dell’ordine pubblico. Avendo dimostrato doti non comuni di istinto, fu, poi, aggregato al pattugliamento antiaerei per contrastare, sempre a Milano, le “missioni” degli aerei bombardieri angloamericani con il loro carico di morte, specie a volte di vecchietti e bambini che avevano già difficoltà a raggiungere i ricoveri.
Mentre Vincenzo era adibito a tali mansioni, fu colto di sorpresa, dal “rompete le righe”. Fu costretto a ritornare a Teano senza mai dismettere la uniforme, che idealmente indossò fino alla volata in Cielo, fiero- mi diceva- del giuramento prestato, che per vincenzo, come, credo, per ogni persona perbene, ha carattere sacramentale. Intanto mi confidava di essere stato consapevole del rischio percorso per non aver buttato alle ortiche l’uniforme, data la comparsa di iene e sciacalli in cerca di preda.
Vincenzo va ricordato perché esempio di coerenza, d’onestà e di attaccamento ai sacri valori, tanto più oggi, va assunto come esempio ai giovani, perché viviamo in un mondo di tangentisti, march ettari, corrotti, corruttori e concussi, dediti al saccheggio della finanza pubblica e abituati a cibarsi di pane e politica.
Ma non tutto è perso, vi sarà sicuramente un riscatto e sul punto (e chiudo) mi piace riportare le parole, che, sul Giornale, Giovanni Terzi, mette in bocca a Benedetto Croce in una intervista immaginaria:
“La pianta italiana è di legno gentile, presto rinverdirà e porterà i suoi fiori”
Arrivederci Vincenzo!
Antonio Zarone
Rodolfo Graziani Maresciallo d’Italia, governatore
della Somalia marchese di Neghelli, vicerè d’Etiopia, Ministro della
difesa dell’RSI, fondatore del Movimento Sociale italiano.
Figura controversa, fu il miglior Generale fascista, determinato,
cruento, rimase fedele a Mussolini fino alla fine.
Inserito tra i criminali di guerra per volere del Negus Ailè Sailassiè,
venne rinchiuso per due anni prima a Nisida poi nel carcere militare
del Celio.
Venne accusato di aver usato bombe all’ iprite, (anche i francesi e gli
inglesi lo fecero) e di aver ammazzato il capo di tutte le tribù
libiche (Gheddafi portava la foto dell’esecuzione appuntata alla
divisa, durante la sua visita in Italia) ed in seguito ad attentato nel
quale rimase gravemente ferito, di aver massacrato i ribelli e i monaci
rinchiusi in un convento che faceva da base operativa per le operazioni
di terrorismo contro i dominatori italiani.
Non negò le sue responsabilità nè accusò mai Mussolini, tuttavia nel
corso del processo emerse che fu proprio il Duce ad ordinargli l’uso di
armi vietate.
In carcere scrisse le sue difese, raccolte nel testo " Ho difeso la
Patria". Fu mandato allo sbaraglio dal Duce nella conquista della
Somalia inglese, ove accusò una pesantissima sconfitta.
Accusato pesantemente dai suoi detrattori venne condannato a 19 mesi,
ma subito scarcerato.
Veterano della prima guerra mondiale è stato l’Ufficiale Superiore più
decorato per meriti di Guerra.
Morì a Roma nel 1955, le sue spoglie riposano ad Affile, suo paese
natale, in un umile sepolcro, venerato dalla popolazione degli
altipiani di Arcinazzo e da tutta Italia.