22/11/’63
Tutti i migliori scrittori consigliano, per fornire un’adeguata costanza ed unire qualità alle novelle ed ai romanzi dilettanteschi, di scrivere una pagina al giorno. Una sola. Di lasciarla riposare un paio d’ore, di correggerla rigorosamente a penna e di riscriverla (o ristamparla) con le correzioni apportate. Stephen King tra il novembre 2011 ed il novembre 2012 ha pubblicato ben quattro romanzi, dimostrando che ai fuoriclasse regole e consigli stanno solo stretti!
Due impressioni, due sentimenti già guidavano la mia voglia di leggere in due direzioni opposte, quando mi hanno regalato questo libro: un timore reverenziale per ciò che ho espresso nell’introduzione, e un’idea di “deja vu”, di già visto, seppure in chiave umoristica. Alla lettura della trama in quarta di copertina non pensavo ad altro che “Frittole, 1492. Quasi mille e cinque!”
E non avevo ancora aperto il libro quando nella mia mente si tesseva una terza idea, si intrecciavano i mille fili negazionisti e rivelazionisti che da sempre orbitano attorno all’omicidio di JFK; ma King è un folle, per avventurarsi in un terreno così accidentato, per tuffarsi in una pagina di storia americana che controversa è dire poco?
Jake Epping, annoiato professore di inglese del Maine, vive quell’età di mezzo tra i trenta ed i quarant’anni. Stufo di lottare contro l’alcolismo della moglie, le lascia vinta anche l’ultima battaglia, acconsentendo al divorzio. Harry Dunning è uno dei bidelli della sua scuola, ed è anche un suo alunno del corso serale. Il suo tema, “Il giorno che ha cambiato per sempre la mia vita”, scioglie però le emozioni di Jake, fino alle lacrime. Di lì a qualche mese, Harry si diploma ed Epping è felice di festeggiare offrendogli il pranzo alla tavola calda di Al Templeton, dove il professore pranza quasi tutti i pomeriggi.
Due anni dopo, un lento pomeriggio di giugno: Al telefona alla scuola del professor Epping, chiedendo di lui. Jake lo raggiunge alla tavola calda. La voce rauca ed affannata, i rantoli ed i colpi di tosse, il volto scavato da una malattia incurabile… il pomeriggio precedente era in ottima forma, cosa è successo ad Al?
Non lasciatevi impressionare da tutte le spiegazioni, i paroloni, dal complesso “ponte di Einstein-Rosen” o dal poetico eppure abusato “effetto farfalla”, e neppure da recensori più titolati di me che lo definiscono come “il romanzo politicizzato di Stephen King”. È una storia che passa per quella data, ma che parla di fiducia del prossimo, della missione dell’insegnamento e di amore senza età. È quasi un capolavoro: “capolavoro” perché i fili gettati da King fin dalle prime pagine, tornano tutti lisci e senza nodi, senza dubbi; “quasi” perché personalmente il finale lascia un po’ d’amaro in bocca, perché vissuta come King l’ha raccontata, io non avrei avuto il coraggio altruistico di Jake. Ma giudicate voi. Leggetelo.
Simon Pietro Incoronato