Per scoprire se siamo o meno contagiati dal Covid-19 basta eseguire un test, o comunemente definito tampone. Il tampone viene effettuato con una specie di lungo cotton fioc con cui si raccolgono il muco e i liquidi della gola. Il campione viene poi analizzato in dei laboratori speciali attraverso il metodo “RT-PCR”, che serve per amplificare e quantificare il codice genetico all’interno del quale cercare sezioni tipiche dell’RNA del coronavirus. In altri termini, se vengono rilevate sequenze genetiche del virus, il soggetto è positivo. L’analisi in laboratorio dura molte ore. Ora, l’ OMS consiglia di fare il test a “qualsiasi persona che potrebbe aver contratto l’infezione da coronavirus”, perché il coronavirus può essere trasmesso sia dalle persone che presentano sintomi sia dai paucisintomatici, cioè soggetti che ne manifestano pochi e quindi considerati asintomatici. “Il problema è che in assenza di sintomi, il test non è razionale” affermano le autorità. Il problema dei tamponi si scontra con due grandi difficoltà: il collasso quotidiano del personale sanitario e gli approcci diversi delle autorità sanitarie locali. Solo in Italia esistono, almeno tre orientamenti diversi per stabilire se una persona debba fare o meno il test per il Covid-19. Da metà febbraio, quando il coronavirus diventa una questione di Stato, il Consiglio Superiore di Sanità, l’organo di consulenza tecnico-scientifica del ministero della Salute, ha cercato di adottare linee guida riguardanti i tamponi più o meno simili. Ad oggi, la circolare ancora in vigore, prevede tre profili di persone da sottoporre al test: • soggetti che hanno una infezione respiratoria acuta – cioè febbre, tosse o difficoltà a respirare – che non possa essere spiegata con un’altra diagnosi, e che abitano o sono passati per un’area “in cui è segnalata trasmissione locale” del coronavirus. •soggetti che hanno una infezione respiratoria acuta e sono state a “stretto contatto” con una persona contagiata o una probabilmente contagiata. Parliamo soprattutto di familiari, colleghi di lavoro o compagni di squadra di persone su cui ci sono pochi o zero dubbi sul fatto che siano contagiate. •soggetti che hanno un’infezione respiratoria grave, che richiede un ricovero in ospedale. Le linee guida del governo, infatti, devono essere recepite e applicate da ogni regione, che ha la competenza esclusiva sulla sanità, e soprattutto deve gestire situazioni molto diverse fra loro.
Sara Finocchi