Mi sovviene il ricordo di un aspetto di vita della nostra comunità che rivivremo da qui a qualche giorno: la festa patronale di S. Paride
Partendo dai miei ricordi giovanili, era organizzata in tre giorni: la vigilia, dedicata alla processione del Santo; il giorno della festa, allietato in serata dalla esecuzione in Piazza allora Umberto l° di brani operistici, dei quali sopravvivevano sparuti ma esperti conoscitori; ed il giorno successivo, quello allietato dal “concertino” finale, di musica leggera con artisti più o meno famosi, a seconda dell’incasso procurato dal Comitato per i festeggiamenti.
All’epoca il maggior esponente di esso, o forse l’unico, era un tale Peppone, figura ben conosciuta da tutti, il quale cominciava ad aggirarsi per il paese già dal giorno dopo i festeggiamenti, per raccogliere fondi per quelli dell’anno successivo. Girava per i negozi, le bancarelle ed i passanti soprattutto il sabato, giorno di mercato generale, all’epoca frequentatissimo, ed era conosciuto da tutti.
Si vivevano giornate molto belle, in una città affollata nella quale, per l’occasione, tornavano anche tutti i teanesi residenti altrove, anche all’estero, in omaggio ad una testimonianza affettiva verso la loro città: ed era sistematica occasione di incontro annuale tra tante persone. Venivano anche dai paesi viciniori, perché era una festa rinomata, specie per quel “concertino” finale in tempi in cui non esistevano ancora quelli tenuti negli stadi, e vedere dal vivo artisti e musicisti famosi non era alla portata di tutti.
Forse, bisogna dirlo, minore attenzione veniva rivolta al Santo festeggiato, al quale sia i teanesi che gli altri, hanno sempre preferito Sant’ Antonio, affollandone come non mai la processione ed il convento nei giorni della sua celebrazione. Non se ne sono mai capiti veramente i motivi: forse di scarsa empatia o forse perché si era sparsa la voce che “San Paride voleva bene ai forestieri” con palese riferimento a quelli che, non teanesi, avevano trovato qui fortuna. Mai che nessuno avesse messo in conto le loro superiori capacità imprenditoriali sulle quali è dubbio che il Santo si peritasse di avere influenza. Ma tant’è.
Per noi giovani era l’occasione per incontrarsi con qualche ragazzina che ci piaceva e di star fuori fino a notte tarda, con la scusa di goderci la festa; si viveva l’emozione di passeggiare insieme, confusi tra la gente, senza che la cosa venisse notata e riferita ai nostri rispettivi genitori, in quei tempi severi con i ragazzi non meno che con le ragazze. Crescendo, poi, e dotati di automobile, si approfittava della festa per NON partecipare ad essa; o almeno a quella festa che ci forniva occasione d’incontro.
Poi, si sa, e come è giusto che sia, son cambiate tante cose; o forse è cambiato ognuno di noi. Ma non ricordarle, queste cose che sembrano banali, toglie un pezzo di vita e di conoscenza a tanti, perché credo che sia il ricordo di emozioni, sensazioni e progetti di vita, realizzati o meno, che hanno caratterizzato, allora come oggi, tutta la mia generazione; e che della nostra storia, pezzetto anch’esso della storia comune, hanno fatto e fanno parte.
Claudio Gliottone