Da i racconti di Gabriella De Gennaro
Tutte le mattine, alle sette precise, Isabella percorreva cinque chilometri a piedi, alternando la marcia a piccole corse. Aveva un corpo armonioso, un bel nasino all’insù, gli occhi a mandorla e i capelli neri raccolti in due treccine. Somigliava a un’indiana d’America. Dopo la doccia un filo di trucco sul viso, un’ombra di rossetto sulle labbra e via di corsa a lavorare; ma prima di uscire di casa mandava sempre un bacio alla foto di Pietro, suo padre, e diceva sorridendo: «Buongiorno papà ti voglio bene».
Isabella era una donna ben curata e molto elegante, eppure c’era stato un lungo periodo della sua vita che … Pietro alla vista della neonata, rimase estasiato. La bambina aveva i capelli neri e la carnagione scura come la sua. «Che bambina stupenda è Isabella, mi somiglia moltissimo», disse con orgoglio. «Due gocce d’acqua» risposero in coro i suoceri. Pietro era un uomo vanitoso, tutto ciò che circondava la sua persona doveva essere superlativo e Isabella non poteva che essere una bambina bellissima. In fondo la vanità si nutre di desideri e di desiderare non è mai sazia; è come un’amante esigente che chiede sempre di più, spostando continuamente la linea del possibile verso qualcosa di indefinito e irraggiungibile.
Fin da piccola Isabella mostrò di meritare solo la prima parte di quel nome, a dire il vero alquanto impegnativo, tanto che Pietro iniziò a chiamarla semplicemente Isa. Crescendo la situazione divenne per lui insostenibile, un’offesa continua per gli occhi e una pugnalata a tradimento nel cuore. Visibilmente obesa, ben presto una peluria corvina ricoprì non solo il labbro superiore ma anche le braccia e le gambe della fanciulla. «Anastasia», disse un giorno Pietro a sua moglie, «ti chiedo troppo se provi a convincere nostra figlia e rimuovere almeno i baffetti? Ma come è possibile che una ragazza di sedici anni non mostri un briciolo di amor proprio? Isa è, come dire, sciatta». Sua moglie non rispose e, limitandosi a lanciargli un’occhiata di disprezzo, uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Pietro, alla soglia dei cinquant’anni, avrebbe potuto considerare se stesso un uomo appagato, realizzato e felice ma non era così. Ciò che l’angosciava era quell’atteggiamento sempre sprezzante che la figlia aveva nei suoi riguardi, quello sguardo ironico e divertito a cui lo sottoponeva ogni qual volta apriva semplicemente bocca.
In molte occasioni aveva percepito la netta impressione che si prendesse addirittura gioco di lui. «È una ragazza taciturna», disse un giorno a sua madre, «con un interventino di chirurgia plastica che le raddrizzi il naso, e le allunghi gli occhi, una dieta equilibrata e un poco di attività fisica io avrei una figlia bellissima e sono sicuro che anche il carattere ne trarrebbe giovamento». «Pietro hai mai valutato la possibilità che Isabella non voglia essere diversa da quella che è? Non è vanitosa come te», rispose la madre senza mezzi termini. «Mio caro, la bellezza è negli occhi di chi guarda e tua figlia è una ragazza dolce e sensibile; lei è bella dentro». «Appunto, bisogna lavorare di immaginazione e di fantasia; essere” belli dentro” non significa niente, e sai perché mamma? Semplicemente… non si vede. Ciò che mi manda in bestia però è la sua ostinazione, quell’aria beffarda, quello sguardo di sufficienza con cui mi guarda e che sembra ripetere “è inutile che ti affanni, io voglio essere brutta per te, solo per te, papà caro”».
Ma Pietro era testardo e sulla questione non riusciva proprio a passarci sopra. Continuava a progettare per sua figlia, incontri del tutto casuali, con estetisti e chirurghi plastici. «E’ solo per il bene di Isa», confidò un giorno in preda alla disperazione a suo padre. «Il bene di Isabella? Ma lo sai che hai una bella faccia tosta? In tutti questi anni non hai fatto altro che desiderare per lei un aspetto diverso, un carattere diverso, anche un nome diverso. Dimmi, quale è il suo bene? Un bel nasino all’insù? Due occhi a mandorla?». Ormai in famiglia nessuno gli dava più ascolto; non aveva alleati in quella battaglia dove il vero vincitore sarebbe stata solo lei, la vanità.
Trascorso esattamente un mese dalla morte di Pietro, Isabella volle sottoporsi ad un intervento di chirurgia estetica. Iniziò la cura dimagrante e dopo un anno era diventata esattamente come suo padre aveva tanto desiderato: bellissima.