Tutti i consiglieri regionali, ad eccezione di quelli della Lombardia, non paghi di succhiare stipendi di tutto rispetto e vitalizi d’oro, in questi giorni, hanno inventato, a loro favore, un ulteriore e odioso beneficio, la indennità pomposamente da loro chiamata”di reinserimento nel lavoro” e che i media hanno già etichettata “Bonus trombati”.
Ha lo stesso appellativo del “bonus bebè”, che viene corrisposto al neonato, ma non è di mille euro, come questo ultimo, ma molto più sostanzioso (bontà loro!) e cioè 50mila, 100mila o 150 mila euro a seconda delle legislature maturate al momento della trombatura.
Ma, di grazia, in quale lavoro devono inserirsi questi cosidetti onorevoli? Hanno voluto imitare i loro colleghi di Roma. Intanto la indennità dovrebbe essere abolita, perché se si tratta di un consigliere trombato che, come spesso accade, faceva il politico di professione, costui non faceva un bel niente, non avendo avuto mai un lavoro in vita sua. Alla fine del mandato il soggetto continuerà a fare quello che ha sempre fatto in vita sua, il fannullone e avrà vita facile nelle faccende del suo partito di appartenenza, che sicuramente continuerà a sostenerlo ed a alimentarlo, prelevando risorse dal finanziamento pubblico, che un benedetto referendum, a furor di popolo, annullò e che continua a succhiare risorse pubbliche sotto un nome diverso, rimborso elettorale.
Bella roba! Nel caso, invece, si tratta di un trombato in aspettativa, come, ad esempio, un giornalista dipendente, lo stipendio è automaticamente assicurato dopo la trombatura, che pone fine all’aspettativa.
Per il trombato libero professionista, a mò di esempio, un avvocato, un medico o un imprenditore, il bonus non ha alcuna giustificazione, atteso che detti soggetti durante il mandato regionale hanno continuato a svolgere la loro attività professionale.
E ora una chicca: la indennità è esente da tasse ed imposte e ti pareva, si tratta di politici e, secondo la mia opinione è un0evasione legalizzata dalle Regioni.
Ebbene, mentre un comune mortale su una liquidazione maturata dopo oltre quaranta anni di vero lavoro deve pagare un importo, che va dal 23 al 27 per cento, il politico evade in nome del suo status di privilegiato e non paga un becco.
E poi ci vengono a raccontare che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e hanno pari dignità sociale. Chiacchiere!
Purtroppo non sempre l’etica va a braccetto colla ragione del diritto. E così il governo Monti non riesce a porre argine alla arroganza della politica, tanto che appena ha accennato un taglio allo stipendio dei parlamentari, apriti cielo! Destra (si fa per dire) e sinistra hanno protestato perché quella materia era di loro competenza. Il tutto è stato insabbiato con la nomina di una commissione. Campa cavallo! E così anche con le Liberalizzazioni, sempre promesse e mai attuate dalla sedicente destra e dalla sinistra, il governo Monti ha dovuto innestare la retromarcia. Le farmacie non si toccano, sono sacre e non importa che un giovane o non giovane laureato in farmacia, con tanto di abilitazione professionale, non può esercitare la professione perché non è figlio di un farmacista proprietario e perché non ha miliardi per comprare una bottega. Non importa che il cittadino continua a pagare rendite di posizione, perché il monopolio impone i prezzi e non fa sconti.
Ma in quale paese viviamo? Chi è ricco sempre più ricco, il povero sempre più povero. E’ questa la democrazia della nostra Costituzione, che Bersani dichiara la più bella del Mondo? E’ un paese democratico quello che vede mettere in silenzio un governo che voleva dare un po’ di lavoro ai giovani farmacisti disoccupati, atteso che i 18mila farmacisti proprietari non se la passano male e molti ingrassano velocemente? Chi comanda in Italia? Avendo molto rispetto per il Parlamento, mi rifiuto di credere che ci sia dell’altro. Intanto le lobby hanno un loro peso e molte volte dettano leggi. Speriamo che si ponga al più presto un rimedio a tanta arroganza delle varie forme di poteri forti, che un sistema democratico deve condannare.
Intanto ritornando all’interrogativo del “siamo in uno stato democratico”, sono del parere che la democrazia non è, come affermava Louis Latzarus, “l’arte di far credere al popolo che esso governa”, né ritengo che la democrazia sia la dittatura del numero, come una certa sinistra voleva far credere durante l’era Berlusconi. Una volta tanto, da uomo di vera destra, quella che non fa sconti, che lavora e produce in religioso silenzio con cui conserva in seno i sacri valori non negoziabili, sono di accordo con il pensiero di Winston Churchill “La democrazia è la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre sperimentate sinora”.
Antonio Zarone