Caro Direttore,
non per polemica con lo stimato amico Gino, ma solo per pareggiare uno squilibrio "esistenziale" che il Nostro fa gravare sempre sulla prevaricazione del Nord sul Sud, mi pare che, a sfatare il neo-mito del Sud pascolo del Nord, bastino alcuni semplici esempi di quanto, a favorire questo preteso assunto, ci mettiamo di sicuro del nostro. Non sono state certamente cattedrali nel deserto l’Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco, la Fiat a Termini Imerese o le acciaierie a Bagnoli, le acciaierie prima e il porto poi a Gioia Tauro e via discorrendo. Eppure si sono tutte rivelate, nel tempo, un magnifico flop! Perché? Poca predisposizione al lavoro serio e continuativo, alto tasso sanguigno di assistenzialismo, cronica predisposizione alla lamentazione continua e perenne del popolo meridionale? Non lo so. So solo che una delle primissime attività dei lavoratori della Alfa di Pomigliano si concretizzò nella creazione di un gruppo "folk" che se ne andò girando per l’Italia propagandando non i pregi della "alfetta 2000" ma le solite sdolcinate canzoni napoletane. Mi sembrerebbe poco responsabile attribuire agli industriali del Nord un atteggiamento di sfruttamento del Sud. Adam Smith ci invitava a toglierci dalla testa che qualcuno potesse alzarsi alle tre del mattino solo per il gusto di farci trovare il pane caldo e fresco alle otto; era invece certamente mosso da un suo interesse economico personale. E non credo che l’interesse degli industriali che investono al Sud possa essere rappresentato dal desiderio di ascoltare una bella tarantella da un gruppo folk di operai dediti al bel canto anziché alla produzione di auto.
Le colpe non sono tutte degli altri. Non me ne voglia Gino.
Grazie per l’ospitalità.
Claudio Gliottone