Per una volta mi allontano dai testi che solitamente destano il mio interesse e di cui più volte ho parlato in queste pagine. Il libro che ho appena finito di leggere, anzi ho divorato perché non sono riuscito a smettere fin quando non ho letto l’ultima parola, è una serie di pensieri, anzi è un dialogo ininterrotto col bambino che l’autrice ha portato in grembo per nove mesi e che prosegue, e ci partecipa, fino al primo anno di vita. E’ un colloquio che, come lei stesso dichiara, porterà avanti per tutta la vita. L’emozione, la dolcezza, l’amore infinito, il senso della maternità viene trasmesso al lettore in maniera semplice ed immediata. E’ difficile descrivere e far comprendere, e non ci riesco certo io, l’emozione profonda che questa storia bellissima, sempre uguale e sempre diversa, suscita in chi legge. Il colloquio ininterrotto con quello che all’inizio è un embrione, un “grumo di sangue”, e via via un feto sempre più grande fino a diventare un bimbo, già persona, percorre tutte le stagioni dell’anno e, forse , della vita, La mamma gli trasmette e descrive le sensazioni, le gioie, anche le difficoltà, che la gravidanza incontra durante quei nove mesi. Infine la nascita, la vita che si manifesta finalmente col pianto che è il primo segnale di un essere venuto al mondo. Sembra una di quelle immagini del nostro Rinascimento, quei quadri di maternità che riescono a farci intravvedere negli occhi della mamma la gioia ed il dolore della vita, e sullo sfondo ad addolcire una vicenda che sappiamo drammatica, il paesaggio dolce delle nostre colline. E’ infine un inno alla vita, alla grande fortuna che si ha nell’averla e nel trasmetterla, a ciò cui ognuno di noi non pensa mai se non nel momento in cui lo sta perdendo, come l’aria, di cui non facciamo conto se non quando ci dovesse venire meno. E’ un libro che devono leggere le donne perché possano condividere quelle sensazioni così particolari che si provano nell’atto di generare una nuova vita; dovrebbero leggere anche quelle che rinunciano spontaneamente a farlo, perché capiscano che la rinuncia è un sacrificio altrettanto grosso che accettare di darla, la vita. Lo dovrebbero leggere soprattutto gli uomini perché comprendano cosa sia quel legame così particolare ed unico che lega un figlio alla mamma.
Chi mi conosce si chiederà come mai un libro così sensibile, direi poetico, ha destato il mio interesse. E’ presto detto. La professoressa Vittoria Longo, l’autrice, è una ricercatrice storico-documentale molto apprezzata, dedita all’ultimo periodo del Regno di Napoli ed ai primi anni del Regno d’Italia, con un occhio particolare al brigantaggio. Al suo attivo ha già due testi fondamentali e numerosi interventi. Quando ho visto che era autrice anche di un volume così particolare, ho pensato di approfondire. E devo dire che il risultato è stato superiore ad ogni aspettativa. Spero che vogliate condividere con me le mie sensazioni ed il mio giudizio.
Gino Gelsomino