“Chi sta male è abbandonato a se stesso, non viene assistito adeguatamente, viene sbattuto da un posto all’altro. Questo non è giusto! La dignità delle persone sofferenti è completamente ignorata da fantasmagoriche centrali operative che di operativo non hanno alcunché”
Questo l’amaro sfogo della moglie del malcapitato di turno, una dolcissima signora nata e vissuta in Svizzera, che non riesce a spiegarsi come possono verificarsi queste situazioni grottesche che non prendono minimamente in considerazione la sofferenza delle persone. “Che ospedali sono questi?"
Cara dolcissima Signora, nata e vissuta nella terra di Gugliemo Tell, torni subito dove è nata con la prima freccia rossa; questa è una società decadente, impietosa, distratta, eccetera, eccetera. C’è solo da cancellare tutto. Voglio sottolineare che c’è stato un tempo in cui a medicina potevano iscriversi TUTTI, senza distinzione di corso superiore, persino le pecore. Le ragioni erano di natura elettorale e strategico-logistica, superfluo inoltrarsi ora nell’aspra selva di complesse quanto ovvie argomentazioni. Questi sono i risultati. Il medico di oggi, senza fare della sociologia d’accatto e salvando le pochissime eccezioni, è nel migliore dei casi uno sprovveduto, ingabbiato da leggi Assiro-babilonesi e vittima di corsi per lo più inutili. Meglio fare il Prete: è la "professione" più ambita e redditizia e forse meno nociva. Se avranno licenza di sposarsi gli allegri Presbiteri, saranno la "preda" più ambita. Neppure serve fare autocritica o sperare che la situazione migliori. Dovremmo avere il coraggio e l’autodeterminazione di trasferirci tutti, ruggendo la nostra rabbia col relativo disincanto, in Papuasia, nella Terra del Fuoco, alle Isole Fortunate, all’isola di Pasqua e affidarci alle cure accorte di Sciamani e Santoni locali. Forse almeno sfuggiremmo così a una perversa burocrazia e a una perfida ignoranza che di giorno in giorno si fanno sempre più soffocanti, infamanti, invadenti, inquietanti. Mi permetto infine di suggerire la lettura attenta dell’aureo libro di Gibbon sulla decadenza e il crollo dell’Impero romano; aiuta a capire e a spiegare un poco.
Non ho altro da dire, le parole non servono.
Piena solidarietà, se giova.
Giulio De Monaco