Era necessaria un’epidemia per mostrare gli effetti disastrosi di una cattiva Politica di gestione della sanità pubblica. Ora è giunto il momento di pagare, a caro prezzo, anni e anni di tagli alla sanità pubblica a favore della sanità privata. Ed ecco che come collettività dobbiamo essere pronti e prendere consapevolezza che potremo giungere ad una situazione dove non sarà più possibile garantire il supporto respiratorio in terapia intensiva a qualsiasi paziente. Abbiamo quindi il dovere di ragionare, in primis la Politica, sui possibili dilemmi morali e sulle risposte che questa società democratica deve dare. Da sempre, nell’emergenze quotidiane è valso il principio dell’uguaglianza e l’idea che ognuno dovrebbe avere lo stesso diritto e la stessa possibilità al trattamento sanitario disponibile, a prescindere dall’età, dalla condizione generale di salute e dalle possibilità di sopravvivenza. È un principio sancito nella Costituzione (art.32) e dal codice deontologico dei medici. Ma cosa succede in una situazione di maxi-emergenza? Per alcuni, il principio dell’ uguaglianza lascerebbe il posto al principio utilitaristico: in situazioni d’emergenza è giusto che sull’uguaglianza prevalgano gli “interessi” e il “benessere della collettività”. In altri termini, l’utilitarismo pone l’accento sull’importanza di un impiego più ragionevole delle risorse. Cioè: Immaginiamo di essere dentro un ospedale e dobbiamo scegliere tra più persone, chi salvare. Non possiamo salvare tutti, perché mancano gli operatori sanitari e perché non abbiamo le tecnologie sufficienti per ventilare un numero così elevato di persone, non abbiamo nemmeno i letti. Una catastrofe. La regola da seguire però è prestare le cure necessarie, ed eventualmente portare in terapia intensiva la persona che ha maggiori probabilità di sopravvivenza, o meglio la persona che potrebbe trarre, secondo i medici, più beneficio dal trattamento medico. In teaoria, ciò che verrebbe chiesto ai medici in una possibile situazione come questa è se sono disposti a considerare importante soltanto la sopravvivenza del paziente o se sono disposti a dare valore anche ad altre cose: qualità e durata della vita delle persone. Ecco, in una situazione come questa che stiamo vivendo sarebbe difficile pensare quali persone lasciar morire e quali salvare; perché entrerebbero in campo il rammarico e la vergogna. Questa scelta non può essere affidata agli operatori sanitari, vittime anch’esse di quest’epidemia. La scelta dei criteri in base ai quali decidere chi salvare e chi lasciar morire è una decisione che spetta alla Politica, perché si tratta di una questione morale fondamentale che riguarda la comunità intera e sulla quale si deve cercare di raggiungere la più ampia convergenza possibile per far “accettare” tale scelta dalla collettività.
Sara Finocchi