I dubbi dell’esecutivo sulla possibilità di far votare alcune regioni a luglio si trasformano in uno stop. Durante il Consiglio dei Ministri, infatti, diversi esponenti del governo hanno bocciato il decreto arrivato sul tavolo dalla riunione, che prevedeva lo scenario di un voto a macchia di leopardo. L’idea originaria era quella di fissare al 2 agosto la proroga dei consigli regionali in scadenza, lasciando ai governatori la possibilità di decidere se indire il voto a luglio o a in autunno, tra settembre e ottobre. La finestra doveva essere quella delle otto settimane antecedenti il 2 agosto e dei sessanta giorni successivi. Questa strada, però, ha registrato tra l’altro l’opposizione del ministro della Salute Roberto Speranza. Davvero pensate una campagna elettorale a luglio?, il senso dei ragionamenti del responsabile della Salute, secondo quanto riferiscono alcune fonti. E ancora: teniamo chiuse le scuole e facciamo le campagne elettorali? Di conseguenza, l’esecutivo ha messo nero su bianco un meccanismo diverso: proroga al 31 agosto, possibili elezioni nelle quattro settimane precedenti e nei sessanta giorni successivi. La finestra, dunque, abbraccia questo arco temporale per le regionali: 9 agosto-1 novembre.
Fallisce, insomma, il pressing di Vincenzo De Luca, che avrebbe preferito il voto in luglio mosso forse anche da ragioni politiche simili a quelle del ligure Giovanni Toti. Proprio Toti voleva sfruttare i tempi strettissimi per evitare la spaccatura che andava profilandosi nel centrodestra. E lo stesso vale per De Luca, che per lunghi mesi ha dovuto contrastare l’ostilità della segreteria nazionale dem, orientata su un patto con gli stellati per la candidatura unitaria giallorossa del ministro Sergio Costa. Per Zaia, invece, era soprattutto un problema interno all’area di centrodestra: l’intenzione era quella di chiudere in fretta la partita veneta con elezioni il 12 luglio, per dedicarsi poi alla sfida nazionale sulla leadership.
Improbabile quindi un voto in estate, che realisticamente avrebbe danneggiato l’affluenza, in un contesto dove le elezioni politiche, qualora dovessimo essere rimessi in condizione di uscire, sono l’ultimo dei pensieri degli italiani. Ma non l’ultimo pensiero di consiglieri, assessori, aspiranti governatori a quanto pare, che dovranno triplicare gli sforzi, in qualunque parte d’Italia, per ricercare pacchetti voto e non far disintegrare le reti locali di alleanze precarie e bande elettorali, che saranno pressate fortemente da richieste di favori da parte di cittadini in difficoltà, senza girarci intorno.
Riccardo Luigi Conte