Nella magia quasi incantata e senza tempo delle festività natalizie, va in scena sabato 28 dicembre all’Auditorium Diocesano di Teano, a partire dalle 20.30, lo spettacolo “Gente ‘e Paese”, due atti curati sotto la magistrale direzione del Prof. Salvatore Vigliano e della compagnia teatrale “I Liberi”. Lo scopo della performance sarà quello di riscaldare i nostri cuori gelidi (non solo per il freddo!) con emozioni e sentimenti che oggi appaiono quasi irrimediabilmente perduti, in un tempo in cui il passato sembra essere gettato per sempre nella polvere dell’oblio. E ciò lo s’intuisce dalle parole del personaggio di zìRusina: “Quanno una pirsonanuntene rispetto ppe’ n’ata persona, vuol dire che è scostumata e basta! ‘Na vota nun era accussì, ‘na vota c’era rispetto ppe’ tutti, soprattutto ‘ppeviecchi”. A ciò ribatte l’adolescente Nunziatina, che sbotta così: “E ‘mo ‘e tiempi so’ cagnati…mo’ ognuno pensa ai caz…ai cavoli suoi…mo’ ce vulimmo divertì e basta, avimmapensà a nuie…nisciuno ce adda’ sfotte”. E, ancor di più, insiste su questo punto il giovane Cristian, che afferma: “Io voglio vivere la vita al presente…perché m’aggia mettere a pensa a ll’ati cose??”. Dunque, i due giovani si fanno portavoce del modello di vita delle nuove generazioni, fondato sull’egoismo, sul godimento dei piaceri che un eterno presente gli offre, senza guardare né indietro (cioè al passato e agli insegnamenti che da esso potrebbero trarre) né avanti (ossia al futuro e al modo in cui potrebbero costruirselo idealmente e concretamente). E’ la triste e grigia presentazione di una vita apatica, senza amore per gli altri, verso i quali manca un valore primario. il RISPETTO.
Per rispetto si può intendere, considerando le sue varie forme, un semplice saluto, un sorriso affettuoso, un messaggio che vuole dire, alla fine, “io ci sono per te”. E su questo tema interviene, con grande forza, il protagonista dello spettacolo, nonché cronista di tutte le vicende che accadono sul palcoscenico, un professore in pensione che dice a zì Carmela “na’piazza, na’ decina ‘e persone…addeventano Paese quanno s’aiutano, quanno i problemi di uno diventano anche problemi per gli altri. A stu Paese nuostochesto manca…Bisognerebbe organizzare per tutti, me compreso, una specie di corso accellerato di convivenza civile, ma queste sono solo chiacchiere, perciò lassammo perdere”. Il professore ci parla, in queste battute, di un ambizioso progetto per il suo Paese, che potrà essere definito veramente tale, con la P maiuscola, solo quando il suo popolo comprenderà che nessuno si salva da solo. Da qui, l’individualismo e l’emergere sugli altri a tutti i costi in termini di prestigio sociale e arricchimento economico, sia lecito o no, non servono a rendere miglioreun Paese, neppure se si strumentalizza (falsamente) la propria attività in nome di quest’ultimo. Quindi, un invito alla convivenza civile da recuperare con urgenza, appellandosi ai valori di solidarietà e aiuto reciproco, che mirino davvero alla crescita culturale e morale e, in ultima analisi, al bene comune. Una speranza, questa, in cui il professore crede finché, nel punto culminante del suo discorso, non si accorge che è un sogno quasi impossibile da trasformare in realtà. A tal proposito, uno degli strumenti invocati per realizzarlo, almeno col pensiero, è la poesia, grazie alla quale “possiamo tornare al mondo perduto o inventarcene uno nuovo e, magari, migliore di questo”. Un mondo migliore, che diventa possibile solo nel momento in cui l’uomo individua dentro di sé i mali nascosti o riposti sotto il tappetto: solo così la gente e’ paese potrà indossare le ali che li faccia volare verso nuovi orizzonti pieni di umanità. Un’umanità che questo spettacolo, imperdibile, vuole aprire ai nostri occhi di spettatori.
Rosella Verdolotti